Una pagina social, Lobby.stagram, nata per raccontare la vita di questi professionisti. Usando umorismo e meme per sfatare i luoghi comuni
LOBBY D’AUTORE – Prima Comunicazione, Marzo 2023
È uno dei segreti meglio custoditi delle vie e dei bar del centro storico di Roma, nel mondo che ruota intorno ai palazzi del potere istituzionale e politico. Chi si nasconde dietro Lobby.stagram? È la pagina social dedicata alla vita del lobbista, nata qualche mese fa e capace da subìto di attirare l’attenzione dei protagonisti del settore (e non solo). Al punto da aver subito già un potente hackeraggio, aver vinto una classifica reputazionale di settore stilata da Fortune ed essersi inventati una ‘Lobby Cup’ che ha appassionato e mobilitato giorno e notte una marea di professionisti del public affairs, nonché parenti, amici e affiliati delle agenzie di lobbying in gara.
Gli autori di Lobby.stagram hanno fatto una scelta di campo radicale: nonostante qualche bella intervista (già) concessa sono rigorosamente anonimi. Come segnala l’assenza di immagine del profilo Instagram. Dovranno esserlo a lungo, in realtà, per essere ‘liberi’ di vedere, ascoltare, scrivere, segnalare, ironizzare su tutto ciò che ritengono divertente o addirittura utile. Facendo un racconto continuo, per immagini e messaggi, che assomiglia quasi a un ‘flusso di coscienza’ del lobbista medio costretto a dimenarsi tra interessi privati e pubbliche battaglie, clienti esigenti e vincoli insuperabili. E avendo scelto come megafono un social come Instagram, che era stato considerato finora il più ‘alieno’ rispetto alla vita professionale tendenzialmente riservata del professionista del lobbying.
La prima missione di Lobby.stagram, non facile, è quella di ‘tipizzare’ una professione che oggi viene svolta da una miriade di attori con una straordinaria varietà di comportamenti, strumenti, stili e ‘tone of voice’. Osservando il profilo social è evidente lo sforzo, assai meritorio, di costruire intorno alla figura del lobbista medio quasi un topos letterario: un linguaggio esclusivo, un pensiero unico, una sequenza di tic, un mix di paranoie che rendano riconoscibile a chiunque il lobbista in azione. A partire dai luoghi in cui si consuma questo divertente teatro quotidiano: “Spritz a Piazza di Pietra, panino a Via della Scrofa, gelato a Uffici del Vicario”, come indicano le coordinate della stessa pagina social.
Lobby.stagram ha un grande pregio: usa magistralmente l’arma dell’ironia, in un ambito professionale dal quale è stata tenuta sempre rigorosamente fuori. La specialità dei lobbystagrammer è il meme: una forma di comunicazione immediata, istintiva, graffiante che non risparmia nessuno e che piace a molti, se non a tutti. Il meme è in grado di unire generazioni diverse, personaggi di primo piano e giovani alle prime armi, uomini e donne, esperti del settore e profani incuriositi. E ha la capacità, spesso, di trasferire con la forza di un’immagine e di una battuta fulminante messaggi complessi che richiederebbero un pensoso trattato di politologia. Per un meme non puoi arrabbiarti, non puoi sporgere denuncia, non puoi attivare le tue fonti di intelligence. Te lo gusti e basta: è come guardarsi allo specchio e sorridere di ciò che ci sta mostrando, a partire dalle liturgie e dai falsi miti della professione.
Lunga vita a Lobby.stragram, dunque. Soprattutto se riuscirà a far capire a molti che, in fondo, il mestiere del lobbista non ha nulla a che fare con il ‘regno del male’. E che non è così diverso da tante altre professioni.