Salviamo l’arte con i musei Italia

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Come valorizzare il nostro patrimonio culturale nel mondo? Costruendo all’estero strutture che ospitino le opere lasciate nei depositi

COMUNICAZIONE POLITICA – Prima Comunicazione, Marzo 2023

Succede sempre così. Per caso. Qualche sera fa, una delle più affermate donne della comunicazione italiana, Costanza Esclapon, ascoltandomi appassionato per il destino del patrimonio artistico del nostro Paese mi ha regalato un’idea. Secondo me è straordinaria. Provo a raccontarvela.

Subisco il fascino della bellezza che questa nostra incredibile penisola ha accumulato nell’arco dei secoli e un po’ mi affliggo di fronte all’incapacità che mostriamo nel valorizzarla e proteggerla. Lo capisci da come nella politica il ministero che sovrintende a questo bene sia ambito e prestigiosissimo, ma le forze politiche lottino per conquistarlo meno di quanto facciano per altri dicasteri. È giusto? No che non lo è. Provo a spiegarmi: se devi fare un film sulle forze armate lo ambienti negli Stati Uniti. Se lo fai sulle aurore boreali, punti al Nord. Ma se parli di arte diffusa pensi sempre al nostro Paese. E noi, un po’ per pigrizia e un po’ per fortuna, fatichiamo a ricordarcelo.

Qual è l’idea? L’estero chiede Italia. Ci cerca e ci imita in tanti modi; vorrebbe avere negli occhi la ricchezza naturale e artistica da cui siamo circondati. Intuisce che la ricchezza diffusa del nostro Paese, sparsa tra migliaia di siti, esposta al disordine del tempo o archiviata faticosamente nei magazzini dei nostri musei, rappresenta una possibilità non sfruttata.

Quant’è l’arte nascosta del nostro patrimonio che difficilmente potrà trovare visibilità o attenzione? Moltissima! Abbiamo una tale quantità di capolavori che è difficile immaginare che le nostre collezioni ‘minori’ trovino lo spazio per potersi guadagnare un diritto di visibilità (o ancor peggio per essere restaurate).

E quindi? E quindi l’arte italiana è sempre ai vertici del desiderio e dell’interesse nel mondo. L’Italia possiede uno dei più grandi patrimoni culturali del pianeta. Ogni 100 km quadrati in Italia si contano mediamente oltre 33 beni censiti. La cultura italiana è riconosciuta come prima per influenza ed eredità culturale secondo la classifica ‘Best Countries’ di Us News & World Report (pubblicata dal Washington Post).

E allora perché non promuoverein quei Paesi che offrano garanzie di stabilità politica, dotati di ingenti risorse finanziarie, ma con un patrimonio artistico limitato e con una crescente richiesta di offerta culturale, un Museo Italia da vestire con le nostre collezioni che non vedono luce? Si offrirebbe la possibilità di costruire un Museo Italia per ospitare opere d’arte italiane (quadri, sculture, manoscritti, ebanisteria, armature, oreficeria…) individuando dai magazzini dei nostri musei un numero adeguato di opere d’arte che necessitano di restauro e che altrimenti non sarebbero esposte. Contemporaneamente alla costruzione del Museo Italia – a spese del Paese richiedente – verrebbe avviata l’attività di recupero delle opere selezionate. Al termine del restauro artistico le stesse sarebbero allestite nei Musei Italia per un numero determinato di anni. Allo stesso tempo verrebbero selezionate dal Paese richiedente le successive opere che passerebbero al restauro. Un’idea replicabile. Un grande progetto di rivalorizzazione del patrimonio artistico del Paese, a costo zero. Molti di questi pezzi, conveniamo, necessitano di cura. E qui scatta il secondo punto dell’idea.

Quando il Paese ospitante individua le opere che noi ci impegniamo a restaurare, a loro spese, si riattiva quella rete di tecnici e professionalità che vanno alimentate e rappresentano, in ambito estetico, l’aspetto della nostra capacità più grande di estrarre valore da ciò che abbiamo (ricordiamoci che noi siamo un Paese manifatturiero perché povero di ricchezza ‘facile’, ovvero di materie prime, e che riesce a dare valore ai suoi prodotti solo per l’elaborazione, la manifattura appunto, di quello che rielabora attraverso il suo lavoro e il suo genio). Alcune città verranno così identificate come centri di restauro tornando a offrire occupazione. Grandi maestri restauratori lavoreranno alle opere e allo stesso tempo insegneranno in scuole specialistiche di nuova costruzione.

Questo permetterà di generare nuovo impiego specializzato e di vitalizzare città o piccoli centri in cui l’offerta di lavoro è ormai scarsa. Nelle città individuate si costruiranno poli di formazione ed expertise che attrarranno richieste anche dall’estero e si posizioneranno come massima eccellenza al mondo, ulteriore beneficio di soft power. Cosa accadrebbe? Che si avvierebbe un processo virtuoso capace di dare vita a degli stabili luoghi di esposizione della nostra bellezza. A me sembra un’idea rotonda e sfericamente convincente. Basta farla rotolare.

Brava Costanza.

(Nella foto, il deposito della Galleria degli uffizi a Firenze)