Le recenti notizie del Time che abbandona il paywall e di Twitter che consente agli editori di far pagare il singolo articolo riportano al centro il tema di come l’editoria oggi possa sostenersi. In particolare in Italia dove a fronte di una pubblicità digitale che per tanti motivi paga poco, la cultura “pay” nel mondo dell’informazione online e offline è scarsa e costruirla pare impresa ardua. Vedremo che effetto avranno sul lungo periodo (sempre che tempo ce ne sia) le offerte commerciali stracciate e le super promozioni messe in campo soprattutto dai grandi quotidiani nazionali. Quelli più piccoli evidentemente già non se le possono permettere.
Charlie, l’interessante newsletter del Post dedicata ai media, di recente ha ricordato un articolo dell’autorevole NiemanLab di cui crediamo utile citare alcuni passaggi.
L’autore, Giosuè Benton, riporta un sondaggio della Gallup/Knight Foundation dello scorso autunno dove a un campione di adulti americani è stata posta questa domanda: “Supponiamo che stiate tentando di accedere a una notizia online e che dobbiate pagare per continuare a leggerla o guardarla. Quale delle seguenti cose saresti più propenso a fare?”
Il 48% ha affermato che “cercherebbe di accedere alle informazioni altrove gratuitamente da un’altra testata giornalistica”. Il 28% “passerebbe a qualcos’altro o a una notizia diversa”. Il 7% “cercherebbe di trovare informazioni sulla notizia sui social media”. Il 4% “si registrerebbe per una prova gratuita se disponibile”. Il 3% proverebbe a “raccogliere la storia tramite amici o familiari che hanno già accesso”. E solo l’1% “pagherebbe per leggere la notizia.