Anche se su di lei piovono critiche da ogni lato – il Corriere la paragona al John Belushi di ‘Blues Brother’ che aveva sempre alibi per giustificare la sua assenza – non c’è sentore, per il momento, di una sua battuta o di un suo gesto che possa far pensare ad un abbandono. E, nei giornali, a partire, in altra pagina, sullo stesso Corriere per poi parlare anche di Repubblica, l’antifona corrente è quella del “calma e gesso”, anche perché non sarebbe facile trovare su due piedi un altro segretario che potesse godere, al Nazareno o ai gazebo, adeguati consensi.
E poi ci pensa La Stampa a dare spazio a uno di peso come Dario Franceschini per il quale un abbandono della Schlein, in un momento così difficile e delicato, sarebbe un errore che i dem pagherebbero ancora più caro. Anche se, mentre scriviamo questi appunti, ancora non si sa cosa intenda veramente fare la Schlein per rilanciare un partito che ha preso una botta elettorale da profondo rosso.
E c’è chi, come il Corriere, più lesto di altri nel sottolineare il “rovello” in cui oggi si trovano i dem, dà spazio allo spin doctor Giovanni Diamanti il quale sostiene che la vittoria di Giacomo Possamai a Vicenza – quasi unico bottino della sinistra in questa tornata elettorale – sia dovuta anche al fatto “che non siano stati invitati a comizi e manifestazioni dirigenti centrali del partito”.
Questo per dire che Elly e il Pd si trovano di fronte a una matassa di problemi non facile da sbrogliare. Il primo è quello di una leadership che agli elettori e ai simpatizzanti della sinistra non è risultata per ora – domani chissà – convincente. Anzi, c’è anche chi ha fatto proprio fatica a capire quale fosse. Il secondo è che il Pd, per contrastare la dilagante – quasi alluvionale – onda nera, ha bisogno non solo di nuove idee ma anche di convincenti e affidabili alleati.
