‘Elimina l’inquinamento della plastica’. E’ lo slogan-appello della Giornata mondiale dell’Ambiente 2023 che ricorre ogni anno il 5 giugno. Proclamata dal Programma delle Nazioni unite per l’ambiente nel 1973, l’appuntamento vuole ricordare l’importanza di preservare il nostro pianeta. E quest’anno, per l’edizione numero 50, l’attenzione è caduta sul grande problema rappresentato dalla plastica, con tre parole d’ordine per affrontarlo: riciclo, riuso e riduzione.
I numeri del problema
Ogni anno l’umanità produce circa 430 milioni di tonnellate di plastica, metà delle quali progettate per essere utilizzate una sola volta. Di questi, meno del 10% viene riciclato, ricorda l’Onu aggiungendo che si stima che ogni anno 19-23 milioni di tonnellate finiscano nei laghi, nei fiumi e nei mari, quasi quanto il peso di 2.200 torri Eiffel tutte insieme.
Le microplastiche (fino a 5 millimetri di diametro) si fanno strada nel cibo, nell’acqua e nell’aria e ogni persona sembra consumi più di 50mila particelle di plastica all’anno, molte di più se si considera l’inalazione.
L’inquinamento che potrebbe essere ridotto dell’80% entro il 2040 se i Paesi e le aziende effettuassero profondi cambiamenti politici e di mercato utilizzando le tecnologie esistenti, ha rilevato l’Unep nell’ultimo rapporto dal titolo ‘Chiudere il rubinetto: come il mondo può mettere fine all’inquinamento da plastica e creare un’economia circolare’, pubblicato prima del secondo round di negoziati a Parigi (dal 29 maggio al 2 giugno) su un accordo globale per sconfiggere l’inquinamento da plastica.
Tre R contro l’inquinamento da plastica
Il rapporto indica soluzioni basate sulle 3 R: riuso (consentirebbe di avere un taglio del 30% dell’inquinamento nei prossimi 17 anni), riciclo (per un’ulteriore 20% in meno e fino al 50% eliminando i sussidi ai combustibili fossili e rafforzando le linee guida per migliorare la riciclabilità) e riorientando la produzione (il 17% in meno usando materiali alternativi).
I risparmi
Il passaggio a un’economia circolare comporterebbe risparmi diretti e indiretti intorno a 4.500 miliardi di dollari e un aumento netto di 700.000 posti di lavoro entro il 2040.
I costi per i cambiamenti raccomandati sono significativi, ma inferiori a quanto si spende in assenza di una modifica sistemica: 65 miliardi di dollari all’anno rispetto a 113 miliardi di dollari all’anno.
L’invito Onu ad agire in fretta
La posta in gioco è alta: la produzione annua di plastica è più che raddoppiata in 20 anni, raggiungendo i 460 milioni di tonnellate. Potrebbe triplicare entro il 2060 se non si interviene.
Il tempo dunque è essenziale: un ritardo di cinque anni potrebbe portare a un aumento di 80 milioni di tonnellate di inquinamento da plastica entro il 2040. “Il tempo sta per scadere e la natura è in modalità di emergenza”, ha avvertito l’Onu spiegando che per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi centigradi in questo secolo, dobbiamo dimezzare le emissioni annuali di gas serra entro il 2030.
“Se non interveniamo, l’esposizione all’inquinamento atmosferico oltre le linee guida sicure aumenterà del 50% entro il decennio e i rifiuti di plastica che confluiscono negli ecosistemi acquatici quasi triplicheranno entro il 2040. Abbiamo bisogno di un’azione urgente per affrontare questi problemi urgenti, e ciascuno dal cittadino, alle imprese, ai governi, alle istituzioni è chiamato a contribuire”.
In qust’ottica potrebbe leggersi qundi l’esito dell’International Negotiating Committee (INC), con 175 paesi partecipanti che, sabato 3 giugno, si è concluso con la realizzazione di una bozza di accordo sull’abbattimento della plastica che sarà esaminata a novembre a Nairobi, con l’obiettivo di un trattato finale entro il 2024.