Giampaolo Rossi (Foto LaPresse)

Rossi (Rai) invoca gli Stati Generali. In pochi anni si decide il futuro dei broadcaster tradizionali

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“Garantiamo pluralismo che spesso non c’è stato”, ha detto il direttore generale di Viale Mazzini in audizione

La sfida più importante per il servizio pubblico radiotelevisivo si gioca sul pubblico giovane. Lo ha sottolineato il direttore generale della Rai, Giampaolo Rossi, nel corso dell’audizione davanti alla commissione di Vigilanza, che oggi ascolta anche l’amministratore delegato dell’azienda, Roberto Sergio, e la presidente, Marinella Soldi.

“Il target Under 35 non utilizza più la tv lineare e gli editori che non riusciranno a essere competitivi in ambito digitale rischieranno seriamente di perdere rilevanza su ampie fasce della popolazione; per I broadcaster pubblici questo significherebbe mettere in discussione una delle funzioni fondamentali: l’universalità del Servizio”.

“Come sapete – ha premesso Rossi ripreso da Adnkronos – gli obiettivi strategici del Contratto di Servizio 2023-2028 (in via di ridefinizione) sono, tra gli altri: accelerare la trasformazione di Rai in digital media company – anche attraverso lo sviluppo delle piattaforme digitali – e accrescere le competenze del pubblico in relazione alle nuove sfide della transizione ambientale e digitale. La trasformazione digitale dei consumi sta determinando, infatti, un punto di rottura del mercato con i player tradizionali, sempre più lontani dal pubblico più giovane in termini di target, modelli di fruizione e nuove semantiche narrative. L’avvento dei player OTT ha intensificato la competizione che ora ruota attorno al contenuto e alla capacità di intercettare il singolo utente, offrendogli una esperienza personalizzata”, ha spiegato il dg Rai.

“I nuovi contenuti e la competizione con player digital native stanno dunque spingendo i broadcaster tradizionali ad una radicale revisione del modello operativo dal momento che l’ingresso dirompente di OTT ha aumentato la pressione competitiva e posto la realizzazione di contenuti originali al centro delle strategie. L’evoluzione dello scenario dei media, il processo di digitalizzazione e le nuove modalità di fruizione dei contenuti hanno ovviamente modificato le abitudini degli utenti. I contenuti distribuiti su più piattaforme, sia lineari sia digitali, e dispositivi differenti, stanno determinando l’affermazione degli OTT. Quest’ultimi, disponendo di budget di gran lunga superiori e di un mercato di riferimento globale, hanno indebolito i broadcaster tradizionali che restano il medium principale solo per le fasce più adulte. In particolare, il target Under 35 non utilizza più la tv lineare e gli editori che non riusciranno a essere competitivi in ambito digitale rischieranno seriamente di perdere rilevanza su ampie fasce della popolazione; per I broadcaster pubblici questo sgnificherebbe mettere in discussione una delle funzioni fondamentali: l’universalità del Servizio. Insomma, la capacità di proporre contenuti rilevanti per ogni specifico utente (sono circa 38 milioni coloro che usufruiscono mensilmente di offerte video OTT – Fonte: Audiweb RAI) diventa più che mai fondamentale”, ha aggiunto.

“La Rai – ha spiegato Rossi – è già avviata ad essere una digital media company a tutti gli effetti ma – in considerazione delle veloci trasformazioni del mercato – dovrà sempre più proporre un’offerta editoriale e commerciale crossmediale capace di intercettare il pubblico ovunque si trovi, in ogni momento e su qualsiasi device”.

“Con le piattaforme OTT si possono raggiungere nuovi pubblici e diffondere i propri contenuti senza limitarsi alla distribuzione tradizionale. Grazie alla possibilità di personalizzare i contenuti sulla base delle preferenze degli utenti, le piattaforme OTT possono facilitare la connessione tra lo spettatore, il territorio e i luoghi creando un forte legame di valore e di investimento culturale perfettamente in linea con la funzione del Servizio Pubblico”, ha aggiunto.

“In quest’ottica mi piace riprendere un concetto espresso – nel corso dell’audizione dello scorso maggio – dal Presidente dell’AGCOM, Lasorella che ha auspicato come ‘la Rai diventi uno dei motori della digitalizzazione dell’Italia (…) che favoriscano anche il consolidamento di una nuova cultura operando in questo senso un coordinamento con tutti i soggetti del settore radiotelevisivo’. Nel tempo della convergenza tecnologica, dei nuovi linguaggi transmediali in cui è il consumatore a guidare l’evoluzione dell’industria audiovisiva con i suoi comportamenti e le sue scelte, la Rai è il baricentro di questa trasformazione”.

“Investire nella Rai e difendere il Servizio Pubblico, significa rafforzare l’industria italiana ed investire nella cultura della nostra nazione. La nostra scommessa è quella di essere all’altezza di questa sfida”, ha concluso il dg Rai.

Servono gli stati generali sul servizio pubblico

“Abbiamo bisogno di coinvolgere la società civile su una discussione ampia sul ruolo del servizio pubblico. Li chiamai tempo fa gli stati generali, ma si possono organizzare come si vuole. La Rai può essere un ascoltatore delle esigenze del Paese sulla funzione del servizio pubblico, proprio sul fronte del pluralismo, del confronto e della pluralità di narrazioni”.

In Rai spesso non c’è stato pluralismo in passato

“Lavoriamo per garantire un pluralismo che spesso sulla Rai in passato non c’è stato”. Il dg rispondendo alle domande dei commissari, ha sottolineato che “difendere il servizio pubblico significa difendere il racconto italiano, la nostra identità plurale”. “Abbiamo bisogno di un alleggerimento della tensione sul servizio pubblico per consentirgli di affrontare le nuove sfide – ha proseguito -. È centrale la discussione sulla natura giuridica dell’azienda, che è inserita in una dimensione pubblicistica che la sovraccarica di problemi. È un’azienda che non si muove liberamente sul mercato, ma è soffocata dalle norme in un mercato in grande velocizzazione”. “La televisione tradizionale – ha aggiunto – sopravvive per l’invecchiamento della popolazione. I giovani sulla tv lineare non torneranno mai più”. Il dg ha quindi sottolineato che, proprio per questo, occorre sviluppare l’offerta digitale della Rai, che è al momento una delle più avanzate tra i servizi pubblici europei. Infine Rossi ha annunciato la volontà di trasformare la scuola di giornalismo di Perugia, “una delle più avanzate”, “in un grande asset sulle nuove figure professionali della tv”.

Rossi: in pochi anni si decide il futuro dei broadcaster tradizionali

“Quando i vertici si presentano si dice sempre siamo di fronte ad un punto di svolta. In realtà siamo di fronte ad una accelerazione del mercato in cui nel brevissimo tempo, in pochissimi anni, si deciderà il futuro dei broadcaster tradizionali, servizio pubblico e commerciali, che al momento costituiscono una sorta di argine rispetto ai grandi player globali. Difendere il servizio pubblico radiotelevisivo significa difendere il racconto italiano, difendere la nostra identità plurale, la capacità di narrare”, ha detto il direttore generale della Rai, Giampaolo Rossi.

“Abbiamo diversi scenari davanti e appena avremo la calma inizieremo a lavorarci su. Abbiamo una scuola di giornalismo, quella di Perugia, tra le più avanzate, e uno dei progetti in campo è quello di provare a trasformare la scuola di Perugia in una scuola sui mestieri della televisione, su cui la Rai può dare un spinta. Invito i rappresentanti della politica e la sovranità popolare, i cittadini che pagano il canone: noi abbiamo bisogno di un alleggerimento dell’attenzione nei riguardi del servizio pubblico radiotelevisivo per camminare speditamente di fronte a queste sfide. C’è un tema delle risorse che deve affrontare la politica, gli amministratori dell’azienda hanno il compito di accendere degli alert sugli elementi di criticità”.
“Un secondo elemento è la natura giuridica della Rai – ha detto ancora -. L’azienda dal 2008 è stata inserita all’interno di una dimensione pubblicistica che la sovraccarica dei problemi che sono emersi anche in questa audizione. Il problema della Rai è che è una azienda che non si muove liberamente sul mercato. L’Azienda è soffocata da un apparato di norme burocrazia e controlli che ha reso il processo estremamente delicato e che ha trasformato sempre più la Rai da una società editoriale ad una di processi. Quindi è tutto molto più difficile perché la Rai si confronta con un mercato che ha accelerato totalmente e che è in grande velocizzazione”.