L’aria che tira sui giornali. Meloni e Macron all’improvviso quasi amici

Condividi

“Siamo d’accordo su tutto e di questo la stampa non sarà contenta”, dice con uno smagliante sorriso la premier alla folla di giornalisti accorsi all’Eliseo per eternare l’avvenuta e inaspettata ”riconciliazione” tra Italia e Francia che – chiosa guardingo il Corriere della Sera- “è intesa sui fatti che supera l’asse franco-tedesco”.
E, difatti, per ore è tutto un idillio di sorrisi e calorose strette di mano coronati da un colloquio a porte chiuse che, durando più del previsto, scombina il cerimoniale che prevedeva anche un approfondito briefing tra le due corpose delegazioni. Con altri succosi dettagli che i portavoce disseminano tra i cronisti, non escluse le lodi che Macron avrebbe fatto alla premier per la prontezza con cui, andando di persona a Tunisi, lei avrebbe affrontato il gigantesco e spinoso problema dei migranti. E altre possibili intese su come poter affrontare, in sede europea, problemi sempre più assillanti come quelli dell’energia e della stabilità economica oggi erosa dall’inflazione.
Il comune lettore perde quasi la bussola perché non gli è facile comprendere come due paesi che fino a ieri parevano guardarsi proprio in cagnesco, oggi si tengano invece per mano esagerando persino in reciproci e inediti complimenti.

Una possibile tesi, che però chi scrive espone con doverosa cautela, è che vi sia stata una reciproca convenienza in vista delle ormai prossime elezioni europee.

Da parte della Meloni “sfatare” la diceria secondo la quale la destra italiana sarebbe pronta alle europee ad andare a braccetto con la Le Pen, nemica giurata di Macron e poi anche con i Vox spagnoli e l’infido Orban.
Da parte invece di Macron contare su un alleato che consenta alla Francia di avere più cartucce per meglio fronteggiare l’influenza e il peso politico che, in Europa, sta avendo la Germania. Non è un caso che Macron, per raggiungere i suoi intenti, abbia non solo accettato di aprire le porte del Louvre – cosa mai accaduta prima – al
Museo di Capodimonte ma anche di appoggiare l’Italia perché l’Expo del 2030 si possa svolgere a Roma e non negli Emirati.
Che poi tutto questo si possa realizzare è un altro paio di maniche.