Marco Ansaldo / La marcia turca

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Un paese impossibile da ignorare: ecco la Turchia vista da un giornalista che la conosce molto bene. Marco Ansaldo in questo saggio edito da Marsilio racconta – e spiega – perché il paese della mezzaluna è un player fondamentale dei giochi di potere e degli equilibri internazionali, dalla guerra tra Russia e Ucraina alla Nato, dal Caucaso all’Africa. Una realtà, come scrive Ansaldo in questa testimonianza per i lettori di Primaonline, “meravigliosa e controversa” dovuta essenzialmente a Erdogan, leader divenuto “un protagonista giustamente molto discusso e comunque assoluto del nostro tempo”.

“Quando nel 1993, in un mese che nemmeno ricordo, venni mandato dal mio giornale di allora a seguire una rivolta con scontri e morti avvenuta alla periferia di Istanbul, venni scelto perché ero giovane, nessun inviato “di rango” intendeva coprire un fatto tutto sommato secondario, e la Turchia non era certo in cima alle agende mondiali. Io mi divertii molto, professionalmente parlando, mi innamorai di quel paese allora considerato laterale, e cominciai a lanciare la mia rete di contatti per tornarci periodicamente.

Così fu. E pian piano la Turchia, descritta magnificamente negli anni Ottanta e Novanta come un luogo in bianco e nero nei primi romanzi di uno scrittore che sarebbe diventato Nobel per la Letteratura, Orhan Pamuk, iniziò a bussare alla porta dei grandi eventi. Il caso Ocalan (il leader curdo del Pkk che si rifugiò per due mesi nella villa dell’Infernetto a Ostia prima di essere catturato dalle teste di cuoio turche in Kenya), il terribile terremoto di Izmit vicino a Istanbul, la domanda di ingresso di Ankara nell’Unione Europea, l’affermazione di un personaggio dirompente come Recep Tayyip Erdogan, la rivolta di Gezi Park soffocata nel sangue, i golpe militari falliti o meno, la repressione contro intellettuali e oppositori, riempirono presto anche l’agenda dei redattori capo. E come inviato tornai molto spesso a Istanbul fino a mettervi, per quel giornale, l’ufficio di corrispondenza per il Medio Oriente.

Oggi la Turchia è un paese totalmente trasformato rispetto alla mia prima visita avvenuta esattamente 30 anni fa. Diventando un luogo centrale, impossibile da evitare, necessario da coprire stabilmente. Oggi, lo sappiamo tutti, il Paese della mezzaluna, con la sua bella bandiera rossa e la stella, è un player fondamentale. Non si può ignorare la Turchia quando si parla di guerra fra Russia e Ucraina (gli unici negoziati ufficiali sono stati fatti ad Antalya e a Istanbul), di Mar Nero (per lo sblocco del grano ucraino attraverso il Bosforo verso i paesi di Africa e Medio Oriente), di Europa (questioni migranti), di Nato (l’ingresso di Finlandia e Svezia), di Caucaso (la guerra fra Azerbaigian e Armenia), di Balcani (che risentono tuttora fortemente dell’influenza culturale ottomana), di Medio Oriente (per i suoi confini con Siria, Iraq e Iran), di Asia occidentale (il contenzioso con la Cina sul Turkestan orientale, cioè il Xinjiang), di Africa (la recente penetrazione turca nel continente è un esempio da manuale).

Ed è innegabile che questa esposizione, oltre alla centralità geopolitica e strategica della Turchia, sia dovuta a Erdogan. Un leader al potere da quasi trent’anni (fu sindaco di Istanbul nel 1994), divenuto un protagonista giustamente molto discusso e comunque assoluto del nostro tempo.

A questa realtà meravigliosa e controversa per la sua dinamicità avevo già dedicato alcuni libri. Nella stagione che ora cade nei 100 anni di fondazione della Repubblica di Turchia (il prossimo 29 ottobre) non potevo non dedicare “La marcia turca”, titolo del saggio, alla città che ho imparato ad amare e che è diventata, come vuole il sottotitolo, ‘Istanbul crocevia del mondo’. (Marco Ansaldo)