Dsa, Amazon contesta le norme Ue e ricorre alla corte di Giustizia

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Il gigante dell’eCommerce, prima tra le big tech, rifiuta la definizione di ‘grande piattaforma online’

Amazon, il gigante dell’e-commerce, ha deciso di chiedere alla Corte di giustizia dell’Ue di annullare la decisione con cui la Commissione europea l’ha classificata tra le grandi piattaforme online che hanno l’obbligo di vigilare sulla pubblicazione di contenuti che incitino all’odio o diffondano disinformazione. Lo scrive il Financial Times online.

Cos’è il Dsa

Il ricorso presentato oggi, sintetizza Ansa, segue l’entrata in vigore (alla fine dello scorso anno, ma pienamente operativo da maggio) del Digital service act, la norma che insieme al Digital market act (Dma) l’Ue ha varato per dare delle regole che tutelino gli utenti-clienti rispetto alla giungla dei servizi offerti dalle Big Tech sul web.

La Commissione ha compilato e pubblicato la lista delle Big Tech – tra cui Twirtter e TikTok – che, in quanto considerate gatekeeper, saranno tenute sotto osservazione. Il mese scorso a presentare ricorso contro la nuova normativa Ue è stata per prima Zelando, la piattaforma tedesca di vendite al dettaglio.

Cosa contesta Amazon

Il Dsa, secondo le osservazioni di Amazon riportate dal FT, “è stato concepito per affrontare i rischi sistemici posti dalle grandi compagnie che hanno la pubblicità come prima fonte di reddito e che distribuiscono discorsi e informazioni. Come non è il caso di Amazon”.
Per il gigante di Seattle, essere inseriti nella lista di Bruxelles comporta “obblighi amministrativi onerosi” che certo non andrebbero a beneficio dei consumatori europei.

“Il Digital Service Act è stato concepito per affrontare i rischi sistemici rappresentati da aziende molto grandi, che ricavano dalla pubblicità la fonte principale di guadagno e che distribuiscono contenuti e informazioni”, ha commentato il gigante dell’eCommerce tramite un portavoce.
“Siamo d’accordo con l’obiettivo della Commissione Europea e siamo impegnati a proteggere i clienti da prodotti e contenuti illegali. Tuttavia, Amazon non corrisponde a questa descrizione di una “piattaforma online molto grande” (Vlop) ai sensi del Dsa e pertanto non dovrebbe essere designata come tale.”

“La stragrande maggioranza dei nostri ricavi proviene dalla nostra attività di vendita al dettaglio, non siamo il più grande rivenditore al dettaglio in nessuno dei paesi dell’Ue in cui operiamo e nessuno di questi più grandi rivenditori presenti in ogni paese europeo è stato designato come Vlop Se la designazione Vlop dovesse essere applicata ad Amazon e non ad altri grandi rivenditori dell’Ue, Amazon verrebbe ingiustamente colpita dalla normativa e costretta a soddisfare obblighi amministrativi onerosi che non avvantaggiano i consumatori dell’Ue”, ha concluso.