Secondo il terzo rapporto Ital Communications-Censis, il 93,3% italiani si informa di solito su almeno una fonte.
Ma servono azioni comuni per rendere più consapevoli sui rischi delle bufale
Tra gli italiani aumentano paure e timori di non essere in grado di riconoscere disinformazione e fake news. E’ una delle evidenze che emerge da ‘Disinformazione e fake news in Italia. Il sistema dell’informazione alla prova dell’Intelligenza Artificiale’, terzo report realizzato da Ital Communicatios-Censis e presentato oggi a Palazzo Giustiniani.
Presenti all’incontro, moderato da Andrea Ducci del Corriere della Sera, Maurizio Gasparri, Vice Presidente del Senato della Repubblica, Alberto Barachini, Sottosegretario all’Editoria, Roberto Marti, presidente della Commissione Cultura del Senato, Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Ivano Gabrielli, Direttore Polizia Postale, Giuseppe De Rita, Presidente Censis, Domenico Colotta e Attilio Lombardi, Founders di Ital Communications, Ruben Razzante, Docente di Diritto dell’Informazione all’Università Cattolica di Milano, Roberto Zarriello, Segretario Generale Assocomunicatori.
Come e dove si informano gli italiani
Secondo l’analisi circa 47 milioni di italiani, il 93,3% del totale, si informa abitualmente (con una frequenza come minimo settimanale) almeno su una delle fonti disponibili: l’83,5% usa anche il web e il 74,1% sui media tradizionali. Sul versante opposto, sono circa 3 milioni e 300mila (il 6,7% del totale) gli individui che hanno rinunciato ad avere un’informazione puntuale su ciò che accade, mentre 700.000 italiani non si informano affatto.
Il 64,3% degli italiani utilizza un mix di fonti informative, tradizionali e online, il 9,9% si affida solo ai media tradizionali e il 19,2% (circa 10 milioni di italiani in valore assoluto) alle fonti online.
Social media, blog, forum, messaggistica istantanea sono espansioni del nostro io e del modo di vedere il mondo: è il fenomeno delle echo chambers, cui sono esposti tutti quelli che frequentano il web e soprattutto i più giovani, tra i quali il 69,1% utilizza la messaggistica istantanea e il 76,6% i social media per informarsi.
Il 56,7% degli italiani è convinto che, di fronte al disordine informativo che caratterizza il panorama attuale dell’informazione, sia legittimo rivolgersi alle fonti informali di cui ci si fida di più.
Pericolo fake news
I numeri raccontano poi che il 76,5% degli italiani ritiene che le fake news siano sempre più sofisticate e difficili da scoprire, il 20,2% crede di non avere le competenze per riconoscerle e il 61,1% di averle solo in parte. Una minoranza del 18.7% ritiene con certezza di saperle riconoscere.
Il 29,7% nega l’esistenza delle bufale e pensa che non si debba parlare di fake news, ma di notizie vere che vengono deliberatamente censurate dai palinsesti che poi le fanno passare come false.
Tra i negazionisti delle fake news – aggiunge il rapporto – ci sono in particolare i più anziani (35,8% tra gli over sessantaquattrenni) e, chi ha un basso livello di scolarizzazione (il 40,4% di chi ha al massimo la licenza media è d’accordo). Comunque l’89,5% degli italiani pensa che sia necessario creare un’alleanza stabile tra tutti gli stakeholder che hanno interesse a far circolare un’informazione attendibile e di qualità, per diffondere una maggiore consapevolezza sui pericoli della cattiva informazione e innalzare le competenze della popolazione.
SINTESI_Terzo-Rapporto-Ital-Communications-Censis_DEFINITIVA-1Il tema del clima
Tra i temi più sensibili c’è il riscaldamento globale, argomento di cui si parla tanto e in modo confuso, alimentando cattiva informazione, catastrofismo e persino negazionismo.
Il 34,7% degli italiani è convinto che ci sia un allarmismo eccessivo sul cambiamento climatico e il 25,5% ritiene che l’alluvione di quest’anno sia la risposta più efficace a chi sostiene che si sta progressivamente andando verso la desertificazione.
I negazionisti, che sono convinti che il cambiamento climatico non esista, sono il 16,2% della popolazione. Percentuale che sale al 18,3% tra i più anziani e al 18,2% tra i meno scolarizzati.
Emerge all’interno del corpo sociale una comprensibile preoccupazione per la sostenibilità economica della transizione ecologica, che secondo il 33,4% della popolazione richiederebbe sforzi e investimenti economici che in questa fase non ci possiamo permettere e che ci costringerebbero a fare un passo indietro negli standard di vita di benessere e qualità della vita ormai acquisiti.
Si tratta di un’opinione che arriva al 51,5% tra chi ha al massimo la licenza media, è del 37,8% delle donne e del 36,6% tra gli over 64 anni. “In realtà, questa convinzione è confutata dalle più accreditate analisi previsionali – si ricorda nel rapporto – che rivelano che la transizione ecologica creerà moltissimi posti di lavoro, e, soprattutto, che nel medio periodo ci condurrà verso uno scenario di maggiore sviluppo economico”.
Come limitare la disinformazione
Dalla ricerca emerge anche come sia cresciuta la consapevolezza degli effetti devastanti della disinformazione, che può essere arginata da professionisti della comunicazione accreditati come fonti autorevoli e garanti dell’affidabilità e della qualità delle notizie.
Di fronte alle insidie che possono venire dal web e dall’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, per distinguere la buona dalla cattiva informazione servono competenze solide sulle nuove tecnologie e regolazioni più stringenti.
Un aspetto sul quale ha puntato Giuseppe De Rita, presidente Censis, secondo cui “gli italiani hanno bisogno di una rete di professionisti dell’informazione di cui fidarsi, che li aiutino anche ad avere maggiore consapevolezza di come riconoscere fonti e notizie di qualità”. “Tanto opinionismo e poca informazione generano confusione e notizie false”, ha chiosato, citando Covid e il tema del clima come casi esemplificativi.
Le incognite dall’AI
E proprio parlando di intelligenza artificiale, il 75,1% della popolazione ritiene che con l’impatto di questa nuova tecnologia sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione, mentre per il 58,9% l’Ai può diventare uno strumento a supporto dei professionisti della comunicazione.
In generale l’85,8% degli italiani ha paura di farsi trovare impreparato di fronte a un cambiamento tecnologico che, presumibilmente, regolerà nuovamente il modo di vivere, studiare, lavorare e anche di produrre e accedere alle informazioni, e ritiene che ci sia bisogno di far conoscere di più ai cittadini i vantaggi e i limiti dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. È una consapevolezza trasversale alla popolazione, ma che, significativamente, trova d’accordo “solo” il 74,2% di chi ha un titolo di studio basso contro l’86,5% dei laureati, a testimonianza di una carenza di consapevolezza dell’impatto cruciale che nel futuro avranno questi sistemi nella vita degli italiani proprio da parte di chi ha meno strumenti di lettura e interpretazione della realtà.