Washington Post: Musk e altri big digitali non vigilano più sulla disinformazione politica

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Passi indietro delle società di social media che stanno abbandonando il loro ruolo di ‘watchdog’, di cane da guardia, contro la disinformazione politica: “stanno abbandonando i loro sforzi più aggressivi per vigilare sulle fake news in un trend che dovrebbe avere pesanti ripercussioni in vista delle elezioni presidenziali del 2024”.

A scriverlo è il ‘Washington Post’ spiegando che una serie di circostanze stanno alimentando questo passo indietro: “i licenziamenti di massa a Meta e in altre importanti aziende tecnologiche hanno fatto ‘una strage’ nei team dedicati alla promozione di informazioni accurate online. Un’aggressiva battaglia legale sulle affermazioni secondo cui l’amministrazione Biden avrebbe esercitato pressioni sulle piattaforme di social media per mettere a tacere determinati discorsi ha bloccato un percorso chiave per individuare le interferenze elettorali”.

L’apripista è stato Elon Musk, il Ceo di X, che ha annullato le regole rigide che erano state adottate per contrastare la disinformazione su Twitter. Meta, rileva il quotidiano Usa citando fonti vicine al dossier, “che l’anno scorso aveva considerato la possibilità di vietare la pubblicità politica su Facebook ha accantonato l’idea dopo che Musk ha annunciato l’intenzione di trasformare Twitter (ora X) in un paradiso per la libertà di parola”.

Questa inversione di tendenza, osserva il ‘Washington Post’ ripreso da Adnkronos, “arriva pochi mesi prima delle primarie del 2024 mentre il candidato favorito dei Repubblicani, l’ex presidente Usa, Donald Trump continua a diffondere falsità circa la sua sconfitta nel 2020 contro l’attuale presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Numerose indagini sulle elezioni non hanno rivelato prove di frode e Trump ora deve affrontare accuse penali federali legate ai suoi sforzi per ribaltare le elezioni”. YouTube, X e Meta, rileva il quotidiano, “hanno smesso di etichettare o rimuovere post che ripetono le affermazioni di Trump”. L’ex presidente Usa “ha sfruttato questi standard meno stringenti nella sua recente intervista con l’ex conduttore di Fox News Tucker Carlson, ospitato da X”.

L’evoluzione delle pratiche aziendali delle società che controllano i social, rileva il quotidiano Usa, “è stata descritta da più di una dozzina di dipendenti ed ex dipendenti” : “Il nuovo approccio segna un netto cambiamento rispetto alle elezioni del 2020, quando le società di social media hanno ampliato i propri sforzi per controllare la disinformazione. Le aziende temevano che si ripetesse quanto accaduto nel 2016, quando i troll russi tentarono di interferire nella campagna presidenziale statunitense, trasformando le piattaforme in strumenti di manipolazione e divisione politica”. Questa riduzione degli sforzi per contrastare la disinformazione “arriva mentre le campagne di influenza segrete di Russia e Cina sono diventate più aggressive e i progressi nell’intelligenza artificiale generativa hanno creato nuovi strumenti per fuorviare gli elettori. Gli esperti di disinformazione affermano che la dinamica verso il 2024 richiede sforzi più aggressivi per combatterla, non meno”.

Le piattaforme di social media, dal canto loro, sostengono di avere ancora gli strumenti per prevenire la diffusione della disinformazione. “Rimuoviamo i contenuti che fuorviano gli elettori su come votare o incoraggiano l’interferenza nel processo democratico”, ha detto in una nota la portavoce di YouTube Ivy Choi. “Inoltre, mettiamo in contatto le persone con notizie e informazioni elettorali autorevoli attraverso raccomandazioni e pannelli informativi.” La portavoce di Meta, Erin McPike, ha affermato in una dichiarazione che “proteggere le elezioni americane del 2024 è una delle nostre massime priorità e i nostri sforzi per l’integrità della tornata elettorale continuano a guidare il settore”.

YouTube, ricorda il quotidiano, a giugno ha annunciato che non avrebbe più rimosso i video che affermavano falsamente che le elezioni presidenziali del 2020 erano state rubate a Trump. Continuare a far rispettare il divieto limiterebbe il discorso politico senza “ridurre in modo significativo il rischio di violenza o altri danni nel mondo reale”, aveva affermato la società in un post sul blog. “Questi cambiamenti sono una reazione dei dirigenti dei social media alle controversie scoppiate: per i democratici non stavano rimuovendo abbastanza mentre per i repubblicani stavano rimuovendo troppo. Il risultato è stato la sensazione generale che ‘dopo aver fatto tutto questo, veniamo ancora sgridati… Non ne vale più la pena’”, rileva Katie Harbath, ex direttrice delle politiche pubbliche di Facebook.