Pasquale Stanzione (foto Ansa)

Stanzione: privacy strumento di libertà e democrazia. Servono regole su Ai

Condividi

Le innovazioni digitali non vanno demonizzate ma accompagnate, dice il garante

“La privacy non è solo la tutela della riservatezza delle persone ma soprattutto uno strumento di libertà e democrazia: si è infatti evoluta nel controllo dei dati personali che sono segmenti della nostra identità”. Ad affermarlo il presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Pasquale Stanzione, in occasione dello State of Privacy ’23, svoltisi al Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma, il 18 settembre.
“Se si riesce a far comprendere questo e mi pare che alcune istituzioni, dalla scuola alla Pa ci sanno accompagnando a farlo, si riesce a comprendere come l’evoluzione digitale non debba essere assolutamente demonizzata perché è uno strumento utile”, ha spiegato il garante all’Ansa.

L’innovazione digitale, però “va accompagnata con una sorta di disciplina, a cui ha già contribuito il Gdpa del 2016 ma ora anche questo Regolamento sull’ Intelligenza artificiale, che pone dei paletti non solo dal punto di vista giuridico ma anche etico: la privacy, protezione dei dati personali si accompagna all’evoluzione del digitale e delle nuove tecnologie in modo tale che esse non siano mai contrarie allo sviluppo integrale alla persona o attentino alla sua identità ma siano, come dire, un momento di esplicazione e di ampliamento delle possibilità che si danno alla persona umana”.

IA e neotecnologia restino al servizio dell’uomo

La necessità diventa ancora più evidente con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale. Perchè, ha spiegato ancora Stanzione, è necessario che “la tecnica sia la servizio dell’uomo e non viceversa”.
Un esempio sono le tecnologie mediche. “La medicina si avvale dell’IA e delle neotecnologie, soprattutto la cura delle malattie neurodegenerative, ma questo non può arrivare mai a quegli estremi di progetti che vogliano, ad esempio, costituire un collegamento diretto tra i cervello umano e la macchina in quanto tale, in modo da toccare una delle cose più intangibili rappresentante dal cervello e dalla autodeterminazione della volontà: sarebbe un modo di condurre in maniera eterodiretta alla formazione del nostro stesso essere. Viceversa, da un altro punto di vista, questo progresso delle macchine che ci accompagnano nella diagnosi prima e nella cura poi, è bene che siano dominate dall’uomo. Ancora una volta serve che la tecnica sia la servizio dell’uomo e non viceversa”.

Limite giuridico ed etico all’IA

Ma servono dei limiti “alla infinita volontà di potenza della tecnica, alla sua emulazione divina”. Seconso Stanzione serve dunque porsi “un indirizzo e un limite, etico e giuridico, a tutela della dignità della persona. Il rischio, altrimenti, è che le tecniche divengano sempre più opache, i nuovi arcana imperii, mentre le persone sempre più trasparenti, secondo l’idea dell’uomo di vetro cara a sistemi tutt’altro che democratici”.

“L’Europa sta tentando di farlo, con una disciplina, la prima al mondo, che molto deve anche alla protezione dei dati: nel modello, negli istituti, ma soprattutto nella sua aspirazione di fondo: porre la tecnica al servizio dell’uomo e della sua libertà, mai viceversa. E proprio facendo leva sulle norme più lungimiranti del Gdpr e sulla trasparenza che si deve esigere rispetto alle neotecnologie, il Garante ha dimostrato come la protezione dei dati possa rappresentare un fattore di corretto indirizzo dell’IA, non bloccandone lo sviluppo ma impedendone derive incompatibili con il primato della persona”, ha concluso.