Per la cessione della NetCo di Tim spunta il nodo ‘parti correlate’

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In uno scenario che vede sempre più indebolirsi le chances di Vivendi di bloccare la cessione della NetCo di Tim qualora andasse in porto l’offerta vincolante in arrivo da Kkr, spunta l’ipotesi del passaggio dell’operazione nel comitato parti correlate del cda. Dove Vivendi eserciterebbe un’influenza maggiore rispetto all’intero board e che quindi potrebbe essere la sede per frapporre ostacoli alla vendita da parte dell’azionista che fin qui si è detto contrario. Mentre insomma pareri legali di alto profilo in arrivo in queste ore indicherebbero che per il via libera alla cessione non ci sarebbe bisogno di alcuna assemblea (né ordinaria né straordinaria) e che sarebbe sufficiente la decisione del cda, a quanto apprende l’Adnkronos si attende un parere anche sull’opportunità del passaggio dell’operazione in questa sede.

L’ipotesi era stata sollevata in una riunione di qualche giorno fa da una componente dello stesso comitato parti correlate, a quanto si apprende, a causa della presenza nella cordata acquirente del Mef che lo scorso agosto ha siglato un MoU con Kkr per l’ingresso fino al 20%: su questo si pronunceranno i legali consultati dalla società, cui in sostanza si chiede di aggiornare un analogo parere che era stato sollecitato nel 2021 in relazione a Cdp e al ministero dell’Economia che controlla la Cassa. Cdp era stata considerata parte correlata, mentre il Mef secondo i legali non lo era. Allo stato attuale il faro sarebbe sulla partecipazione o meno del Mef alla trattativa: se non partecipasse il passaggio in comitato parti correlate non si renderebbe necessario.

Quanto ai pareri chiesti dal gruppo e in arrivo in queste ore sulla necessità del passaggio assembleare indicherrebbero, sempre a quanto si apprende, che lo stesso board (che peraltro ha votato all’unanimità per il negoziato in esclusiva con Kkr) potrebbe assumere la decisione in autonomia sulla cessione dell’asset. In passato Vivendi aveva ipotizzato la necessità di una assemblea straordinaria chiamando in causa la motivazione di un cambio dell’oggetto sociale del gruppo in ragione della cessione dell’infrastruttura di rete. Se il disaccordo dell’azionista francese, motivato da una valorizzazione dell’asset non adeguata (in passato la cifra ritenuta congrua era stata indicata in circa 30 miliardi) e da dubbi sulla sostenibilità di ServCo, non rientrasse, in una assemblea straordinaria Vivendi forte di una minoranza di blocco potrebbe fermare l’operazione.