Una lunga storia – vissuta tra il lago Maggiore, il paesino di Castello Cabiaglio e due città, Varese e Milano – dove affiorano amori, successi, delusioni, guerre, speranze. Con un’attenzione (e una dedica) particolare a tre donne che quella casa l’hanno abitata, e con loro eroi e grandi uomini, nel corso del tempo: Ernesta, Francesca ed Ezechiella. Sullo sfondo il verde e il profumo dei grappoli d’uva. Pier Vittorio Buffa spiega ai lettori di Primaonline perché è nato questo libro
“La prima pagina de ‘La casa dell’uva fragola’ l’ho scritta la sera del 23 ottobre 2020. Era un venerdì e la storia iniziò da sola, si incamminò, si diramò in più storie.
I personaggi si delineavano sempre di più, gli episodi si riempivano di particolari, piccoli fatti diventavano decisivi nell’evoluzione della trama. Alla fine, con l’ultima versione pronta per la consegna all’editore, dovevo decidere a chi dedicare il romanzo. Non è obbligatorio dedicarlo a qualcuno, ma l’ho sempre fatto e volevo farlo anche questa volta. La decisione è stata semplice. Quando ho cominciato a scrivere, tre delle donne che hanno vissuto nella casa dell’uva fragola erano in un angolo della mia mente, personaggi minori, non dico comparse, ma quasi. Poi, via via che la storia, le storie, si sviluppavano, il loro ruolo assumeva sempre più rilevanza, le loro scelte, in certi snodi della trama, diventavano decisive, le loro personalità si delineavano sempre di più.
Insomma, sono diventate le vere protagoniste del romanzo e mi è venuto spontaneo dedicare il libro a loro, a tre donne realmente esistite e che nella casa teatro del romanzo hanno vissuto: Ernesta, Francesca ed Ezechiella.
Ernesta è la donna che ha piantato, a metà dell’Ottocento, l’uva fragola che ancora copre con il suo verde tutta la facciata della casa. Francesca è sua figlia, andata in sposa a un patriota. Ezechiella è sua nipote, mamma di sette figli, donna tenace e volitiva.
Tutte nate e cresciute in questa casa secentesca di Castello Cabiaglio, un paese con poco più di 600 abitanti, tra Varese, il lago Maggiore e il Canton Ticino. Una casa la cui proprietà si è tramandata di donna in donna e dove la pianta di uva fragola sembra avere un’anima per come se ne è parlato generazione dopo generazione.

Una leggenda che è arrivata fino a me che di quella casa sono diventato il proprietario. Adesso sono io a curare l’uva fragola di nonna Ernesta. A me che sono nato e vissuto a Roma ma che a Cabiaglio, prima si chiamava soltanto così, sono andato ogni estate e, con il passare degli anni, ho messo delle seconde radici. Radici così profonde che le ho trasmesse ai miei figli, Alessandra ed Emanuele, e anche a mia moglie Paola. Ed è stata lei, mia moglie, a far scoccare la scintilla da cui è nato questo romanzo.
Un pomeriggio dell’estate del 2020, a Cabiaglio, davanti a tutto quel verde e al profumo che emanano i grappoli di uva, mi dice che devo farne un libro che ha il titolo già pronto, la Casa dell’uva fragola, appunto. Sul momento non l’ho presa sul serio, anzi le ho detto che non ci pensavo nemmeno a scrivere una cosa del genere. Ma poi, il 23 ottobre…
Il romanzo però, a dire il vero, non è nato nel 2020, ma è nato con me, anno dopo anno, con il mito di questa casa abitata da eroi e grandi uomini, dicevano nonne e nonni, zii e zie. Una casa con una storia così importante da dover essere preservata nei secoli, a qualunque costo. Un mito non scritto da nessuna parte, a volte soltanto sussurrato, ma che negli anni si è infilato dentro di me senza più andarsene.
Così ho cominciato a ricostruire con carte e documenti, certo, ma, soprattutto, con le emozioni che mi sono state trasmesse negli anni, con le passioni che hanno attraversato la vita di chi ha vissuto in questa casa. E anche con la fantasia, indispensabile per colmare vuoti, spiegare decisioni, restituire immagini del mondo che è stato. Così, alla fine, il mito è diventato vita concreta di uomini e donne normali.
Uomini e donne che nella loro vita hanno affrontato i problemi del loro tempo talvolta con coraggio, talvolta con acquiescenza. Sempre, però, e forse è questo il mito che resta intatto, con dignità. Da tutto questo nasce ‘La Casa dell’uva fragola’, una storia di amori, successi, delusioni, guerre, speranze. Una storia lunga quasi un secolo vissuta tra un grande lago, un paesino, una montagna e due città, Varese e la capitale, Milano”.
(Pier Vittorio Buffa)