Amedeo La Mattina / Metamorfosi Giorgia

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Arrivata a Palazzo Chigi Giorgia Meloni ha dovuto fare i conti con la realtà, racconta Amedeo La Mattina ai lettori di Primaonline, presentando il suo libro, edito da Linkiesta Books. La Mattina, giornalista attento che da molti anni segue i fenomeni e i protagonisti della scena politica italiana, spiega perché “molte delle bandiere elettorali sventolate in dieci anni d’opposizione” sono state ammainate dalla Meloni.

“Il successo politico di Giorgia Meloni è arrivato al termine di un decennio impegnativo e interessante.
Per ‘La Stampa’, e prima ancora per l’Ansa, avevo seguito gli effetti di Mani pulite sui partiti, la fine della cosiddetta prima Repubblica e la discesa in campo dell’imprenditore Silvio Berlusconi. L’Ulivo di Romano Prodi nel 2008 aveva ceduto il passo al Cavaliere. Erano stati gli anni della politica su un ottovolante incredibile, culminati con la crisi del governo Berlusconi nel 2011 e l’arrivo del tecnico Mario Monti a Palazzo Chigi.
Nessuno avevano previsto il ciclo dei populisti e sovranisti.  In due lustri hanno fatto irruzione i 5 Stelle, è sorta e caduta la stella di Matteo Renzi, Berlusconi ha perso milioni di voti.
Poi l’inimmaginabile governo gialloverde, l’incandescente Papeete di Matteo Salvini che portò al secondo governo Conte. Infine il colpo di scena di Mario Draghi e la grande coalizione.
Tutti tranne Fratelli d’Italia.

E qui veniamo al mio libro ‘Metamorfosi Giorgia’ scritto per Linkiesta Books. Ho avuto mondo di seguire in presa diretta questo periodo e osservare molto da vicino la Meloni underdog. Emarginata anche dentro la sua coalizione, sottovalutata da Berlusconi, umiliata da Salvini. Poi il giro di giostra ha portato per la prima volta una donna alla presidenza del Consiglio.

Ho seguito questa dura scalata al potere con la netta sensazione che, una volta arrivata al punto apicale, Meloni avrebbe dovuto fare i conti con la realtà: molte delle bandiere elettorali sventolate in dieci anni d’opposizione sarebbe stata ammainate.

Così è stato. Soprattutto in politica estera (la scelta europeista e atlantista al fianco dell’Ucraina è la sua polizza assicurativa per la vita). Meloni persegue scelte culturali e parole d’ordine identitarie, securitarie e tradizionaliste sui diritti civili, ma allo stesso tempo si rivolge a Bruxelles, una volta capitale matrigna delle consorterie europee, per affrontare le grandi questioni del nostro tempo.
Innanzitutto quella dell’immigrazione. Le navi militari che avrebbero dovuto bloccare le coste del Maghreb sono rimaste in rada. Le spese folli del programma elettorale sono solo coriandoli buttati nel Tevere. Conti in ordine e occhio ai mercati, quegli “gnomi” che una volta venivano considerati i diavoli della cospirazione. Lei non ammetterà mai le sue metamorfosi. Ma è di tutta evidenza che le circostanze e la grande responsabilità istituzionale hanno portato Meloni – per fortuna – a una virata moderata.
Del resto quando hai 400 miliardi di prestiti dai mercati, gli occhi della Commissione Ue addosso e un Patto di stabilità da riformare, le chiacchiere stanno a zero.  Metamorfosi e continuità di una classe dirigente al potere che ho conosciuto alle feste di Atreju, quando nessuno dedicava a quei ragazzi e ragazze più di 30 righe. Mentre ora si sono presi la scena e vogliono dettare l’agenda pure nel campo culturale, anche attraverso il controllo della Rai. Meloni fa lo slalom tra nuovi amici (Joe Biden e Ursula von der Leyen) e la vecchia destra. Nel mio libro parlo di dicotomia, ma è chiaro che prima o poi dovrà prendere una direzione univoca e occupare l’area che era stata di Berlusconi. È la forca caudina per entrare nella stanza europea dei bottoni dove si decidono le sorti del nostro Paese. 
Se Meloni vuole rimanere attorno al 30 per cento, non può galleggiare sulle emergenze e sul voto della destra patriottica che non è mai andata oltre al 10 per cento. È sempre stato il centro berlusconiano a far vincere e guidare il centrodestra. Sono gli elettori che chiamo “patrioti interessati”, coloro che votano guardando bene il portafoglio, al taglio delle tasse, ai saldi e stralci”.  (Amedeo La Mattina)