Tutti incollati al video in attesa che i tank devastino Gaza
Ore difficili per i lettori che ormai da tre giorni cercano non senza affanno di capire se scoppierà sì o no una guerra quasi mondiale. Con animi accesi, ma anche un po’ frastornati da un diluvio di notizie che non escludono – ma saranno fake news? – il “peggio” che potrà accadere ai quasi due milioni di abitanti di Gaza – il 40% ha meno di 14 anni – ma forse anche chi, come noi, sta sull’altra sponda del Mediterraneo a un tiro di schioppo, anzi di missile, da questo a dir poco surriscaldato Medio Oriente.
E poco rassicurano i flash su possibili negoziati che la Turchia starebbe in queste ore avviando perché nemmeno di uno come Erdogan c’è poi molto da fidarsi.
E tutto questo mentre si dipana anche sulle nostre strade il problema di chi, in questa guerra, siano veramente i buoni – Israele prima di tutto – e invece i cattivi, esclusi quelli di Hamas che lo sono certamente come provano gli eccidi – anche bambini decapitati – che hanno compiuto in territorio israeliano. Ma del bandolo del terzo che abbia la forza di fermare la guerra per ora non c’è ancora traccia.
Mentre appare certa, come documenta in un lungo e argomentato reportage Lorenzo Portoghesi sul Corriere, l’incapacità – per non dire di peggio – sia dello Stato di Israele che dei suoi alleati occidentali – di affrontare per tempo e con le sole armi del negoziato e della diplomazia un problema come quello dello stato palestinese che covava da tempo e che un giorno o l’altro non poteva non
esplodere. Bei tempi – ricorda il Corriere – quelli degli anni ’70 quando gli israeliani andavano a fare shopping o a cercare bambinaie e forze lavoro a Gaza per consolidare e allargare con altri kibbutz il loro
territorio, come se la Palestina fosse solo un loro comodo e inoffensivo feudo.
Eppure prima l’Intifada e poi il resto, avrebbero dovuto aprir loro gli occhi su una realtà che stava cambiando e presto avrebbe potuto anche esplodere. E invece niente.
Hamas? E che sarà mai? I diciottenni – 22 % della popolazione – che animavano con i loro cortei le strade e le piazze di Gaza? Niente di cui occuparsi tanto ci penserà il Mossad, la strepitosa intelligence israeliana a tenerli al guinzaglio. E “Bibi” Netanyahu che per anni ha tenuto a bacchetta tutti quasi per un decennio per poi – come accaduto negli ultimi mesi – essere fortemente contrastato dalle opposizioni.
Al punto che le lotte interne avevano preso il sopravvento come se quel che covava in Palestina fosse l’ultimo dei loro problemi.
E dire che pochi giorni prima che Hamas lanciasse tonnellate di missili su Israele l’intelligence egiziano aveva avvisato Tel Aviv che qualcosa di grosso stava per accadere.
Come potrà andare a finire la guerra ora appena iniziata è un interrogativo che sta togliendo il sonno persino alla Casa Bianca, tutta proiettata sull’Ucraina e su Putin come se questo dall’altra parte dell’Oceano fosse il suo unico problema.
Ora sono grane anche per l’anziano Biden, costretto ad affrontare la campagna elettorale per la Casa Bianca in un diluvio di problemi da cui non ci si può difendere aprendo solo un ombrello. E l’Europa come ha deciso di muoversi? Si limiterà a sfornare a Bruxelles altre direttive per combattere i disastri che sta
producendo il cambiamento di clima?