Rai, Rossi: su ascolti dibattito surreale. Servizio pubblico valore nelle democrazie

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Privatizzare la Rai non ha senso, dice il dg di Viale Mazzini. Che contesta le critiche sugli ascolti e le voci sul suo rapporto con Sergio

“Sugli ascolti Rai è in corso sui giornali un dibattito surreale”. A intervenire sul tema, il dg Rai Giampaolo Rossi, parlando al convegno annuale della Fondazione Iniziativa Europa l’11 novembre.
“Che alcuni programmi hanno difficoltà è un dato di fatto ma l’analisi complessiva sugli ascolti della Rai e di Mediaset deve tenere conto di un cambiamento del modello televisivo”, ha aggiunto.

Serve tempo

Rossi ha sottolineato che lui e l’ad Roberto Sergio hanno preso in mano l’azienda a “giugno-luglio”. “Siamo entrati in carica operativamente a giugno, in una Rai che stava accumulando una serie di ritardi, a partire dal fatto che non erano pronti neppure i palinsesti che sarebbero dovuti partire a settembre”.
“Con un grande sforzo produttivo e organizzativo, ha ricordato in un passaggio ripreso da AdnKronos, l’azienda è riuscita a mettere in piedi i palinsesti, che sono palinsesti che modificano alcuni aspetti editoriali, con programmi nuovi perché ci sono state diverse uscite dalla programmazione Rai e perché sono state fatte dai direttori scelte di cambiare alcune linee editoriali e di programmazione”.
E i programmi nuovi, in una tv lineare che si basa “sull’abitudine”, “hanno bisogno di tempo per poter maturare”. “Alcuni successi storici della Rai hanno richiesto anni per affermarsi e diventare programmi cult”.

Il confronto con Mediaset e la crisi delle tv generaliste

Nelle scorse settimane i giornali hanno scritto nello stesso momento sia di un calo di Rai che di Mediaset, ha sottolineato Rossi. Questo doveva indurre ad una analisi su “dove sta andando il modello televisivo” e invece il dibattito “si focalizza sulla polemica di tipo politico”.
Rossi ha evidenziato i diversi fattori che hanno contribuito alla “crisi della tv generalista”: lo “spostamento dell’utenza” sulle piattaforme (che porta ad una diminuzione della platea generalista complessiva), la “parcellizzazione dell’offerta” (che porta ad una parcellizzazione degli ascolti), la fine del duopolio (con la crescita di competitor come La7 e Discovery Warner), l’investimento della piattaforme Ott non più solo nel cinema e nelle fiction ma “anche in programmi di intrattenimento o culturali”.

Rossi ha citato il ‘caso’ di ‘Mare Fuori’ che ha fatto grandi ascolti su Rai2 ma molto di più (“7 milioni di visualizzazioni”) su RaiPlay. Oggi, ha concluso, “il 65-70% degli under 40 guarda la tv solo on demand”.
Se si ignorano questi cambiamenti dello scenario, il dibattito sugli ascolti diventa, ha ribadito, “surreale”.

Servizi pubblici come valore democratico

“Non capisco bene cosa si intenda per privatizzare la Rai”, ha detto poi Rossi. “In tutta Europa i servizi pubblici come la Rai nascono come valore del sistema democratico in quanto garanti di un racconto plurale della nazione e a difesa dell’industria culturale. Nessuno si sognerebbe in Francia e nemmeno nella liberale Gran Bretagna di privatizzare la Bbc”.
“Anzi in Gran Bretagna – ha aggiunto – recentemente hanno bloccato il progetto del governo Johnson di vendita di Channel4, la tv di Stato ma finanziata dalla pubblicità, proprio perché i broadcaster pubblici rappresentano un argine all’invasione dei grandi gruppi internazionali e globali”.
“La Rai – ha continuato – è il valore centrale e il perno di intere filiere industriali, a partire dall’audiovisivo, che servono a costruire il senso e l’immaginario della nostra nazione”.

Il rapporto con Sergio

Nel suo intervento, Rossi ha parlato anche del suo rapporto con l’ad Sergio, partendo dalle ricostruzioni giornalistiche che li vorrebbero in competizione, in vista dell’avvicendamento di ruolo che spetterebbe a Rossi al termine del mandato dell’ad, previsto per il prossimo luglio.
“Io e Roberto Sergio ci conosciamo da tantissimi anni. Faccio presente che l’ad della Rai è nominato dal Mef e il direttore generale è nominato dall’ad, quindi io sono stato nominato da Roberto Sergio. A lui mi lega un’amicizia personale e una straordinaria collaborazione”.

“Questo percorso, che comunque arriverà a luglio cioè alla fine del mandato del consiglio di amministrazione, è stato fatto con l’idea di provare mettere in questi nove mesi in sicurezza l’azienda. L’obiettivo fondamentale è riuscire a costruire un percorso virtuoso di un’azienda che in questi ultimi 10 anni, vi assicuro, non è stata particolarmente curata, né dai governi, né da molti di coloro che l’hanno governata”. Nello specifico, spiega l’ad Rai, “siamo arrivati a giugno scorso e ci troviamo in un’azienda che aveva approvato un budget di 650 mln di debito. Un’azienda che ha l’obbligo oggi di ripensarsi” in una “logica moderna, una ottimizzazione dei processi produttivi e di restare un baluardo del sistema radiotelevisivo italiano, che si regge sul ruolo della Rai e di Mediaset, Mediaset come polo commerciale e Rai come polo culturale”.

Il lavoro svolto con Roberto Sergio “al di la del gossip giornalistico, è quello di reindirizzare la Rai al centro di questo processo, dal quale oggi è stata fortemente marginalizzata”, aggiunge Rossi.