Intervisato dal Corriere, l’ad della telco parla del futuro del gruppo. Aprendo alla ollaborazione con Vivendi
“Il nostro obiettivo è una storia industriale solida e non uno e spezzatino. Siamo concentrati sul raggiungimento degli obiettivi del piano e sulla crescita del business domestico”. A dirlo l’ad di Tim, Pietro Labriola, in un passaggio della lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera.
“Con il piano 2024-2026 Tim torna a generare cassa, a livello di Gruppo e in Italia”, ha spiegato il manager, a pochi giorni dalla presentazione del piano 2024-26 ‘Free to run’. All’orizzonte il rinnovo del Cda, con il board uscente che ha presentato una lista in cui lui stesso è inserito, confermanto nel ruolo di ad. “Abbiamo davanti quasi 3 miliardi di potenziali earn-out, stiamo negoziando la cessione di Sparkle, elementi che contribuiranno senza dubbio ad accelerare le nostre riflessioni in materia di remunerazione agli azionisti”, ha continuato.
Rally in borsa
Reduce da una settimana non semplice per il titolo, Labriola ha cercato di dare una spiegazione all’ondata di vendite in Borsa. “Certamente c’è un tema di aspettative di generazione di cassa nel biennio in corso ma è anche vero che il nostro è un titolo molto liquido, che siamo nel mezzo di un’operazione delicata e siamo più esposti alle vendite allo scoperto”, ha detto. “Non a caso nel giorno del piano il prestito titoli ha raggiunto un picco, è presumibile che qualcuno abbia scommesso al ribasso. Ricordo che 16 banche d’affari esprimono un target price ben superiore ai prezzi attuali e in prevalenza con buy”.
“Dobbiamo guardare avanti e condividere col mercato che il nuovo percorso è appena cominciato ed avrà grandi prospettive. Sono convinto che post cessione si vedrà maggiore ottimismo”, ha spiegato ancora.
Tornando al piano, “il primo di Tim senza la rete”, Labriola ha detto ancora: “le nuove sfide del mondo digitale spingono sempre più verso la sostituzione della rete in rame con quella in fibra, un passaggio che richiede forti investimenti per almeno 1,5 miliardi l’anno per 6-7 anni. Per una Tim verticalmente integrata, ha puntualizzato il manager, significherebbe sostenere ingenti investimenti, il 28% del fatturato, soglia insostenibile. Per una società infrastrutturale il discorso è diverso. E’ questa la logica di creare NetCo e venderla. Inoltre, se restiamo verticalmente integrati non potremmo partecipare al consolidamento: guardate l’operazione Fastweb-Vodafone, il mercato sta cambiando”.
Il rapporto con Vivendi
Infine un riferimento anche ai rapporti con Vivendi, azionista di maggioranza, e al suo ruolo in ServCo.
“Io spero che continui a essere un’azionista ma che sia anche all’interno del Cda per supportare tutte le scelte strategiche del gruppo”, ha sottolineato Labriola. “E’ giusto che un socio al 23,7% dia il suo contributo all’interno del consiglio e quindi auspico che in qualche modo possa esserci una convergenza”.