A Torino presentazione per la versione italiana del Digital News Report di Reuters. Ecco come è cambiato il rapporto con l’informazione nel nostro paese, con la tv che resta il media di riferimento e una crescente sfiducia anche verso i giornalisti
Scorre spessissimo le bacheche dei suoi social, consulta le notizie con frequenza, appena può accende la tv che resta il suo mezzo preferito per capire cosa succede nel mondo, perché podcast e online sono fonti aggiuntive, che completano ma non guidano. Verifica le notizie su testate di fiducia, meglio se non schierate. Teme la disinformazione da social, diffida di influencer e politici, in qualche caso anche dei giornalisti. Non ama pagare per le notizie, molto spesso le cerca locali, è attento alla cronaca – nera, per lo più – si fida poco dell’intelligenza artificiale.
E’ il profilo dell’utente medio e del consumo di notizie in Italia, fotografia del 2025, scattata dalla seconda edizione del Digital News Report Italia.
L’indagine sull’informazione nel nostro Paese, è stata presentata il 17 giugno a Torino, risultato di un lavoro congiunto tra il prof. Alessio Cornia (Dublin City University), autore per l’Italia del Reuters Institute Digital News Report, e il Master in Giornalismo ‘Giorgio Bocca’ dell’Università degli Studi di Torino.
Tre gli autori al fianco di Cornia: Marco Ferrando, Paolo Piacenza e Celeste Satta.


L’analisi, che ha interrogato 2008 persone di varie età, censo e provenienza, mette in luce la contraddizione tra le motivazioni che spingono a informarsi – curiosità e voglia di partecipare al dibattito pubblico nonostante il drastico calo dell’interesse per le notizie, sceso dal 70% al 40% in un decennio – e il modo in cui vengono fruite le news, frammentario, e spesso guidato dall’algoritmo più che dalla sostanza.


Identikit di chi legge
In generale, gli uomini tendono ad accedere all’informazione giornalistica più frequentemente delle donne (65%, contro il 55%). Più sale l’età, più si accede spesso alle notizie: solo il 46% di chi ha tra i 25 e 34 anni accede all’informazione giornalistica più volte al giorno, contro il 66% dei più anziani.
Di chi mi fido?
Chi usa la tv o i siti e le app delle testate tv ha una maggiore fiducia nelle notizie rispetto a chi sceglie, ad esempio, i social o l’online. In generale godono di fiducia elevata le testate percepite come meno schierate o storiche ( Ansa, SkyTG24, Sole 24Ore, TgLa7, Corriere) a scapito di chi ha una connotazione politica più forte. Interessante il dato, emerso in questa edizione, della fiducia e dell’interesse che mergono nei confronti di testate locali o regionali, che si collocano bene.
E chi non guarda la tv?
Tra i media online, i social media resistono al 17% (lo stesso valore registrato nel 2023 e nel 2024) e restano la principale fonte online indicata dagli intervistati. Podcast e chatbot si stanno affermando come canali aggiuntivi.
Il dato più eclatante, tuttavia, riguarda carta stampata e quotidiani: come nel 2024, solo il 2% dei rispondenti li indica come fonte principale di notizie.


Aiuto: è fake
La preoccupazione per la disinformazione online è in aumento (+2 punti), sale con reddito e istruzione e risulta alta tra chi si colloca a sinistra (61%) o al centro (58%).
Influencer e politici sono considerati le principali fonti di disinformazione online. Decisamente preoccupante che il 28% ritenga i giornalisti potenziali veicoli di disinformazione, più della gente comune (21%). Ma su tutti, in quanto a rischio disinformazione stanno TikTok e Facebook, e i più giovani vedono Instagram e persino le conversazioni di persona come vettori più pericolosi.

“L’uso nelle redazioni dell’intelligenza artificiale, la sfida posta dai deepfake e da altre nuove forme di disinformazione, le tensioni sulle policy di moderazione dei social emerse dopo l’elezione di Donald Trump: sono molti i fenomeni che hanno segnato la continua trasformazione dell’ecosistema informativo nell’ultimo anno”, dice Cornia, Professore Associato a Dublin City University, Research Associate al Reuters Institute dell’Università di Oxford e coordinatore del Digital News Report Italia.
“Il rapporto mette a fuoco tutto questo, insieme ai trend che monitoriamo da anni, come la crescita della sfiducia e del disinteresse per l’informazione, e ai fattori che più di altri connotano l’Italia. Abbiamo evidenziato un vero paradosso, che in parte aiuta a capire la società italiana e offre qualche inaspettato spazio di manovra per chi fa informazione: nonostante nel nostro Paese il disinteresse per le notizie aumenti più rapidamente e più marcatamente che negli altri Paesi a noi vicini, gli italiani e le italiane continuano a informarsi, consultando più della media i propri dispositivi”.
“Più ancora che in passato – aggiunge Ferrando, direttore del Master in Giornalismo e vice direttore di Avvenire -, dalla fotografia di quest’anno emerge l’approccio disordinato, frammentato che gli italiani hanno rispetto alle notizie: le cercano, ne sono inondati, alla fine ne vengono travolti. C’è quasi un appello per gli attori dell’ecosistema, dai giornalisti agli editori, a individuare il proprio pubblico, prenderlo per mano e accompagnarlo nella propria esperienza informativa, dando a ognuno ciò di cui ha bisogno”. “Una dinamica, questa, in cui la componente umana avrà sempre un ruolo determinante”.
C’è anche chi evita le notizie
La news avoidance riguarda soprattutto chi ha reddito e istruzione più bassi ed è più pronunciata tra chi ha posizioni politiche polarizzate. I news avoiders optano per la disconnessione a causa di sovraesposizione a guerre e conflitti (34%), eccesso di politica (31% ) percezione di inutilità delle notizie, impossibilità di influire sugli eventi e difficoltà di comprensione, evidenziando la scelta consapevole contro stress emotivo e sovraccarico informativo.

“Con il Digital News Report Italia, conclude Cornia, mettiamo a disposizione numeri analisi e comparazioni con gli altri mercati a noi vicini che riteniamo preziose e in buona parte uniche: la nostra principale ambizione resta fornire a chi crea informazione (giornalisti, editori e manager delle testate italiane) e a chi la studia (accademici e ricercatori) uno strumento concreto per guidare analisi, decisioni strategiche e azioni operative”.
Nella foto, da sinistra: Celeste Satta; Alessio Cornia; Marco Ferrando e Laura Scomparin






















