L’opera potrebbe rientrare nelle infrastrutture per la capacità difensiva comprese nella quota del 5 per cento.
Negli ambienti del Ministero della Difesa, a quanto risulta a Prima, finora non si è mai sentito parlare che il Ponte sullo Stretto di Messina possa essere classificato come militare e rientrare nell’obiettivo Nato di spendere il 5% del Pil per la difesa.
Tuttavia ‘’Politico.eu’’, ripreso da diverse testate italiane ha lanciato la nuova ‘’fantasia’’ per la realizzazione dell’opera, che dagli anni settanta ha all’attivo decennali polemiche. In particolare ‘’Corriere.it’’ ha sottolineato come insospettabile ‘’sostenitore’’ il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Infatti l’impegno Nato del 5 per cento, fortemente voluto dall’Amministrazione Usa, potrebbe essere scomposto in due parti: oltre il 3 per cento in investimenti militari veri e propri e il restante in infrastrutture finalizzate a migliorare la capacità difensiva, con implicite ricadute su ricerca e utilizzo civile. Ed è appunto nelle pieghe di questa ripartizione, che piacerebbe certamente al Governo, troverebbe spazio anche la costruzione del Ponte. Inoltre nel rapporto Usa, citato da ‘’Politico Europe’’ e ripreso dal ‘’Corriere.it’’ si sottolinea come il Ponte agevolerebbe il movimento delle forze armate italiane e alleate, rafforzando la sicurezza nazionale e internazionale.
Se valgono queste premesse gli oltre 13 miliardi destinati al Ponte entrerebbero in quel 1,5 per cento di Pil che l’Alleanza avrebbe destinato a infrastrutture di interesse strategico. Con il vantaggio di semplificare e velocizzare le procedure. Naturalmente, l’ultima parola spetta agli esperti della Nato che dovrebbero approvare la fantasia degli italiani. Mentre l’Unione Europea resta alla finestra. ‘’Spetta alle autorità italiane valutare se lo scopo principale del ponte sia militare o civile», ha detto un portavoce della Commissione.
A questo punto potrebbe essere agevolato anche lo stesso investimento nel Ponte di Messina, che ormai è abituato ad ogni indiscrezione. Secondo l’Ansa si potrebbe pagare il Ponte con risorse esclusivamente nazionali, aggiungendolo alla lista delle opere per cui si attiva la clausola di salvaguardia con le dovute spiegazioni, oppure chiedere il cofinanziamento europeo.
Da molti mesi, comunque, soprattutto dalle testate giornalistiche locali del sud, con una frequenza pressochè quotidiana, vengono diffuse notizie che esaltano o demoliscono il progetto del Ponte sullo Stretto. Oltre alle recenti ipotesi che il Governo Meloni potrebbe far rientrare la spesa nella quota del riarmo, viene ripetutamente annunciata entro luglio la definitiva autorizzazione alla costruzione dell’opera da parte del Cipess, Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, e la conseguente apertura del cantiere in autunno. Un ultimo imprevisto però, nonostante i tanti finora superati, potrebbe venire dall’annunciato ricorso al Tar dell’opposizione ambientalista: Legambiente, WWF Italia e Lipu.