Agostino Saccà

Dimissioni Borrelli accendono dibattito politico. Saccà: non sparate sul tax credit

Condividi

Dopo le dimissioni di Nicola Borrelli, direttore generale Cinema e Audiovisivo, di cui abbiamo riportato ampiamente si è aperta una forte discussione politica. Il Pd chiede «la riforma della governance del settore», con «nomine adeguate sia per Cinecittà che per il ministero», dice Matteo Orfini. Incalza la capogruppo dem in commissione Cultura alla Camera, Irene Manzi, che mette nel mirino l’intenzione di spostare la finale del premio Strega a Cinecittà: «Assistiamo a un vero e proprio accanimento nei confronti di settori fondamentali come il cinema, il teatro e l’editoria».

Dai 5Stelle Vincenza Aloisio auspica che il governo metta «fine a questa sequenza di fallimenti e di crisi». Preoccupazioni condivise dagli addetti ai lavori. «Chiediamo continuità, chiarezza e tempi certi, per non rallentare riforme strategiche per la crescita dell’intera filiera», avverte il presidente dell’Anica Alessandro Usai. E gli esercenti ringraziano Borrelli per «la capacità di ascolto e di pianificazione» che si è tradotta in «un dialogo costante e proficuo con i numerosi governi che si sono succeduti durante il suo mandato».

“La presidente del Consiglio conosce il peso del settore ed è cosciente dell’impatto che ha la filiera industriale su Roma e sul Pil regionale. Tant’è che quando si è trattato di decidere sulle quote obbligatorie per gli acquisti di cinema italiano da parte dei grandi network internazionali – diversamente al parere del Consiglio di Stato e dell’Autority – ha fatto aumentare la quota italiana”. Lo sottolinea in un’intervista a ‘La Stampa’ Agostino Saccà, ex direttore generale Rai e ora produttore di cinema e fiction con la sua Pepito Produzioni. Saccà sottolinea la sua stima per il dg Cinema del Mic, Nicola Borrelli, dimessosi nei giorni scorsi. “Nicola Borrelli è un professionista serio, un civil servant di grande profilo”.

A chi mette le dimissioni di Borrelli in relazione con il caso del finanziamento ministeriale al presunto killer Villa Pamphili, per un film mai uscito, Saccà replica: “Ma quella, eventualmente, è una truffa. Cosa c’entrano le norme sul Tax credit? Non è un problema di ambiguità delle regole. È un reato come ce ne sono molti in altri settori nel nostro Paese che va denunciato e come tale perseguito. Ma non per questo si getta via il bambino con l’acqua sporca”.

E sul sistema dei contributi statali ai film d’interesse culturale, Saccà sottolinea ancora: “È inaccettabile sostenere, come accaduto nel passato, che poiché un certo film ha incassato poco o niente al botteghino non avrebbe dovuto essere finanziato. Magari quel film, invece, sulle piattaforme ha fatto milioni di utenti. I film non vanno più solo in sala ma anche sulla piattaforme e sulle tv lineari. Questo è un dibattito pretestuoso e inutile”.

Piuttosto, secondo Saccà, si potrebbe rendere più equo il tax credit, per tutelare piccole e medie imprese: “Negli ultimi tre anni il 70% del Tax credit è andato alle grandi multinazionali. Sarebbe stato più equo, visto che le grandi imprese hanno dei vantaggi competitivi strutturali, rivedere le quote di assegnazione per cui non è giusto che il 40 per cento vada indiscriminatamente a tutti perché si crea uno squilibrio di mercato. Anche perché a fare ricerca e sviluppo siamo noi, i piccoli e medi, che abbiamo interesse a investire per competere con i grandi”. E questo andrebbe fatto, per Saccà, anche per motivi identitari: “Il Tax credit è una necessità perché tiene accesa la nostra industria del racconto che tiene viva la nostra cultura e la nostra storia. Un Paese che non riesce a raccontarsi ed è raccontato da altri non è più un Paese. L’Italia è il cinema nel mondo. È bastato che ne ‘Il laureato’ apparisse il Duetto per far esplodere l’Alfa Romeo nel mondo. La narrazione tanto più è forte, tanto più rende grande un Paese”.