Sopravvissuti e famiglie delle vittime di attacchi terroristici chiedono nuovo codice media in Uk

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In Gran Bretagna linee di condotta più rigide, supportate da polizia, giornalisti e famiglie delle vittime, mirano a limitare l’intrusione giornalistica nelle prime 48 ore dopo un attacco e a garantire che le richieste di informazioni vengano indirizzate attraverso le forze dell’ordine.

Dopo che alcune famiglie hanno scoperto la morte dei propri cari direttamente dai giornalisti, il codice, redatto dal gruppo Survivors Against Terror, chiede alle redazioni di coordinare le richieste e di evitare di radunarsi fuori dalle case delle vittime.

Prevista anche una maggiore discrezione nei confronti dei terroristi, esortando i media a ridurre l’attenzione su nomi, foto e manifesti al fine di privare i terroristi della visibilità che cercano.

A vent’anni dal “7/7”

Il testo è stato presentato a pochi giorni dal ventesimo anniversario dell’attacco terroristico del 7 luglio 2005 di Londra, quando in una serie di attacchi terroristici coordinati, 4 uomini di Al-Qaeda si fecero esplodere su linee diverse della metropolitana, causando la morte di 52 persone e il ferimento di oltre 700.

Tra i sopravvissuti, Ella Young, ha condiviso la sua esperienza: “Mentre aspettavo un’ambulanza, sono stata avvicinata da un giornalista che mi ha offerto aiuto per contattare mio marito. Più tardi ho scoperto che non aveva alcuna intenzione di contattarlo, ma mi ha perseguitato per settimane con richieste di interviste. Non ero in grado di parlare con nessuno e ho dovuto cambiare numero e dettagli social per liberarmi. I sopravvissuti non dovrebbero essere trattati così.”

Anche la testimonianza di Figen Murray solleva interrogativi sul comportamento dei media in momenti di crisi: “Mia figlia ha appreso della morte del fratello da un giornalista che ha bussato alla nostra porta. Non potrò mai rimediare a questo, ma posso fare in modo che altri non debbano affrontare la stessa esperienza.”

La posizione dei media

L’attuale codice etico per i giornalisti, supervisionato dall’organismo volontario Independent Press Standards Organisation (Ipso), stabilisce che, nei casi che coinvolgono dolore o shock, “le indagini e gli approcci devono essere effettuati con empatia e discrezione”.

Aggiunge inoltre che non devono esserci intimidazioni, molestie o “persecuzioni persistenti”.

Non tutte le testate sono membri dell’Ipso. Alcuni, come il Financial Times e il Guardian, seguono i propri codici etici.

Lloyd Embley, ex direttore del Mirror, ha dichiarato che, pur supportando la libertà di stampa e il giornalismo di interesse pubblico, “So anche che possiamo commettere errori – specialmente dopo eventi importanti come gli attacchi terroristici”.

Verso un giornalismo più responsabile

Brendan Cox, co-fondatore del gruppo, ha dichiarato: “La copertura mediatica degli attacchi terroristici è assolutamente di interesse pubblico, non lo è però l’invasione della vita delle vittime e dei sopravvissuti”

“Questa guida ha lo scopo di aiutare i giornalisti a trovare un equilibrio e speriamo che le organizzazioni media agiscano di conseguenza.” ha concluso, augurandosi che il testo venga accolto dall’Ipso e non solo.

Foto (Ansa): londra, 8 luglio 2005