Alle pressioni economiche e politiche si aggiungono anche i timori sulla sicurezza digitale, rileva il Media Pluralismo Monitor. In Italia la situazione resta critica e in linea con gli anni scorsi. Così come resta la preoccupazione per il servizio pubblico e il suo legame con la politica
Diventano sempre più critiche le condizioni di lavoro dei giornalisti in Europa. E’ il quadro che emerge dal Media Pluralism Monitor, lo strumento di ricerca progettato dal Centro per il pluralismo e la libertà nei media per individuare i rischi potenziali nell’informazione nel vecchio continente.
Pressioni maggiori da parte di forze economiche, politiche e tecnologiche sono tra le sfide che i media si trovano ad affrontare in quasi tutti gli stati membri. Senza dimenticare la crescente minaccia alla sicurezza digitale con la categoria bersagliata da hacker, sorveglianza online e heaters.
E sul fronte del lavoro il peggioramento delle condizioni un dato su tutti lo sintetizza: oltre il 30% dei giornalisti lavora come freelance e un numero significativo non ha contratti stabili, copertura sanitaria o pensione.
Focus sull’Italia
Per quanto riguarda l’Italia, il rapporto ha messo in evidenza un quadro del pluralismo dei media che “si conferma critico, in linea con gli anni precedenti, senza segnali di miglioramento”.
Una delle principali problematiche riguarda i legami tra Rai e politica. Per il sistema dei media italiano “una delle questioni più critiche è senza dubbio quella dell’indipendenza dei media di servizio pubblico, classificata con un livello di rischio elevato”.
“Le nomine dei vertici dell’azienda seguono equilibri politici e i rapporti tra maggioranza e opposizione, con effetti sulla linea editoriale, il rilievo, come ad esempio una forte cautela nel criticare il governo e la tendenza a dare più spazio alle posizioni delle forze politiche di maggioranza”.
Slapp e minacce in crescita
Altro nodo su cui l’Italia “continua a distinguersi” è l’alto numero di casi di cause giudiziarie contro giornalisti e attivisti – le cosiddette Slapp -. E il fenomeno è in aumento. “Sempre più spesso, a intentare queste azioni legali sono figure politiche di primo piano, inclusi membri del governo”, ha rimarcato lo studio.
Le intimidazioni e le minacce ai giornalisti “sono in aumento”. Nel 2024 sono stati 114 gli episodi segnalati (+16% rispetto all’anno precedente).
Precarietà e vulnerabilità della professione
L’indicatore più critico resta quello legato alla tutela della professione giornalistica, dato che persistono problemi gravi, tra cui la precarietà dei freelance, le minacce e le intimidazioni crescenti, le carenze nella protezione delle fonti e casi di controllo o sorveglianza illegale su giornalisti e attivisti.
A questo va ad aggiungersi il peggioramento delle condizioni lavorative dei giornalisti, soprattutto freelance. Numeri alla mano, nel 2024, il reddito medio lordo annuo per chi lavora con partita IVA è stato di 16.000 euro, ben al di sotto della media del Pil pro capite (34.088 euro).
“L’indipendenza del lavoro giornalistico è strettamente legata alla sicurezza e alla stabilità della professione. Tuttavia, un numero crescente di giornalisti lavora come freelance, rivelando una vulnerabilità strutturale della professione”, la conclusione.
Floridia: ora riformare la Rai e sbloccare la Vigilanza
La presidente della Vigilanza, Barbara Floridia ha commentato con una certa preoccupazione i dati emersi dall’analisi, cogliendo anche l’occasione per rilanciare il suo appello sulla riforma della Rai e la ripresa delle attività nella bicamerale.
“Il rapporto del Centro per il Pluralismo e la Libertà dei Media dell’Istituto Universitario Europeo lancia un grido d’allarme che non può essere ignorato”, ha scritto. “I dati contenuti nel documento delineano un quadro allarmante: le querele temerarie contro i giornalisti sono in aumento, e i promotori di queste azioni sono esponenti del governo Meloni. Se a questo si affiancano i redditi drammaticamente bassi dei giornalisti freelance, come evidenziato nel report (16.000 euro annui in media), il quadro che ne emerge è quello di una pressione politica sistemica e silenziosa sulla libertà d’informazione. Una pressione che non possiamo più tollerare in uno Stato che si definisce democratico”.
“Serve una legge anti-Slapp immediata, che metta fine all’uso strumentale dei tribunali per zittire le voci critiche. Il rapporto – ha ricordato – sottolinea anche un altro dato inaccettabile: la marginalità delle donne nei ruoli apicali dell’informazione italiana. Solo tre direttrici alla guida delle principali testate sono un segnale evidente di una struttura ancora profondamente sbilanciata e arretrata”.
“Ma il punto più critico, ha poi incalzato, riguarda il Servizio Pubblico, e in particolare la Rai. Il Media Pluralism Monitor conferma ciò che denunciamo da mesi: il legame tra il governo di turno e la direzione della Rai è troppo stretto, soffocante, e mina la credibilità stessa dell’informazione pubblica. La fotografia che ne emerge è quella di una Rai paralizzata da un blocco istituzionale: la commissione parlamentare di Vigilanza è ferma da mesi e, come rileva lo stesso rapporto, ciò impedisce la piena legittimazione degli organi di vertice. È urgente accelerare sulla riforma del servizio pubblico, per assicurare indipendenza reale e strutturale della Rai dalla politica. È una responsabilità istituzionale che non possiamo più rimandare. Rivolgo un messaggio diretto alla maggioranza: è giunto il momento di assumersi la responsabilità politica di sbloccare la commissione di Vigilanza Rai. Continuare a tenere questa istituzione in stallo significa rendere l’Italia vulnerabile agli occhi dell’Europa, proprio su un tema cruciale come quello della tutela della democrazia e del pluralismo informativo. L’Europa ci guarda – ha concluso Floridia – e noi abbiamo il dovere di rispondere”.