La Partecipazione vista dalle imprese

Condividi

Dal ‘fantasma tedeco’, alle nuove opportunità

LOBBY D’AUTORE – Prima Comunicazione, Giugno 2025

E’ una ‘pagina storica’ per l’Italia, come ha dichiarato la leader della Cisl Daniela Fumarola o, viceversa, un attentato alla contrattazione collettiva che mortifica il ruolo dei lavoratori, come ha affermato la Cgil? La nuova legge sulla Partecipazione, approvata in via definitiva dal Senato, è nata sotto il segno delle divisioni all’interno del mondo sindacale: uno straziante paradosso all’italiana, per una legge ‘bandiera’ che mirerebbe a rafforzare il ruolo in azienda dei lavoratori. Ma il condizionale è d’obbligo, visto il gelido silenzio pubblico da parte del mondo delle imprese (con poche eccezioni) e il forte scetticismo registrato presso imprenditori grandi e piccoli.  

La nuova legge evita saggiamente un approccio ‘impositivo’, scegliendo la via della volontarietà e della flessibilità: prevede un mix (debole) di incentivi fiscali e affida un ruolo decisivo alla contrattazione. Eppure, è alto il rischio che rimanga sostanzialmente lettera morta. O meglio, che continui a essere applicata dalle aziende che già negli anni scorsi hanno adottato (in via informale e destrutturata) una qualche forma di partecipazione, senza tuttavia che l’approvazione della legge aggiunga un numero significativo di nuove aziende attive sul tema. Il rischio è, insomma, di avere una legge a saldo zero. Perché? Essenzialmente a causa del ‘fantasma tedesco’, ben impresso nella mente di molti imprenditori con l’immagine dei rappresentanti sindacali che siedono all’interno dei Consigli di amministrazione o dei Consigli di sorveglianza.

In effetti il modello tedesco fu costruito sul gigantismo delle grandi imprese teutoniche e sulle macerie della Seconda guerra mondiale, con intenti sostanzialmente ‘punitivi’ nei confronti dei massimi esponenti del capitalismo tedesco che si erano macchiati dell’appoggio al Terzo Reich. Nei decenni ha avuto una funzione economica e sociale nelle fasi di espansione dell’industria tedesca e della sua produttività, ma in tempi più recenti ha mostrato grandi limiti nelle fasi di crisi e di ristrutturazione industriale. Un modello del genere è profondamente inadatto al sistema imprenditoriale italiano. Di conseguenza, invocarne l’applicazione nel nostro Paese può trasformare il confronto sulla Partecipazione in un ‘rodeo ideologico’.

Ma questo modello non è quello seguito prima dalla proposta di iniziativa popolare della Cisl, poi dalla legge sulla Partecipazione (che ne è la fotocopia): per questo motivo possiamo considerarlo nel contesto italiano alla stregua di un ‘fantasma’. La nostra legge cerca di costruire una ‘via italiana alla Partecipazione’, ponendo imprenditori e sindacati come di fronte allo scaffale d’un supermercato: possono scegliere se, quando, come e soprattutto quale o quali categorie di partecipazione adottare. Con grande flessibilità e piena volontarietà, incarnata dall’autonomia delle parti all’interno della contrattazione.

Bene. Ma quanti, anche tra gli addetti ai lavori, conoscono davvero il testo della nuova legge? Pochissimi temo: il circo mediatico ha snobbato il tema ignorandolo fino all’approvazione della legge, le associazioni datoriali hanno sperato fino all’ultimo che il provvedimento deragliasse, le divisioni in Parlamento e tra i sindacati hanno fatto il resto. 

Eppure, saltando a piè pari la partecipazione ‘gestionale’ (i rappresentanti dei lavoratori negli organi decisionali delle aziende), l’adozione di altre forme di partecipazione come quella organizzativa e quella economico-finanziaria potrebbe rivelarsi un’arma preziosa nei prossimi anni per azionisti e top management. Le commissioni paritetiche, ad esempio, potrebbero diventare nei prossimi anni lo strumento più efficace per gestire tre transizioni di enorme complessità: l’avvento dell’AI generativa di massa e i suoi effetti di sostituzione uomo-macchina, la riqualificazione dell’esercito degli over 60 trattenuti in azienda dalla legge Fornero, l’ingresso nelle aziende di una generazione Z che non si riconosce negli attuali modelli organizzativi ‘command and control’ tipici delle nostre imprese.   

Conoscere la legge, dimenticare il ‘fantasma tedesco’, valutarne le opportunità rispetto alle nuove sfide: ecco i miei consigli agli imprenditori in tema di Partecipazione. Perché la vera ratio della legge – il superamento della contrapposizione tra capitale e lavoro – si è già realizzata in molte dinamiche economiche di oggi. Portare tutto ciò anche nelle relazioni industriali non è dunque un atto rivoluzionario, ma vuol dire essere consapevoli del tempo che viviamo.