A rischio l’accesso fisico al Pentagono. La CNN: “Non firmeremo”.
A pochi giorni dalla scadenza del termine per firmare le nuove politiche mediatiche del Pentagono, diverse tra le principali organizzazioni giornalistiche statunitensi si oppongono alle modifiche, denunciando tentativi di limitare la libertà di stampa.
Vietato “sollecitare” fonti interne
Il punto più controverso del documento rivisto, intitolato “In-brief per i membri dei media” e pubblicato lunedì scorso, è il divieto per i giornalisti che coprono le attività del Dipartimento della Difesa,- ribattezzato recentemente “Dipartimento della Guerra” , di “sollecitare” informazioni da dipendenti del Pentagono.
Nello specifico, la nuova norma vieta “pubblicità o appelli pubblici a fornire suggerimenti che incoraggino i dipendenti del Dipartimento della Guerra a condividere informazioni non pubbliche”.
Le reazioni delle testate sono state immediate. I reporter temono che la nuova norma mini la semplice attività di ricerca di fonti interne, che fa parte del giornalismo investigativo.
Pentagon Press Association: “Non basta”
L’Associazione Stampa del Pentagono ha criticato duramente la nuova versione del documento, nonostante alcune modifiche introdotte.
“Riconosciamo e apprezziamo che il Pentagono non richieda più ai giornalisti di dichiarare il proprio accordo con le nuove politiche come condizione per ottenere l’accredito stampa”, si legge in un comunicato.
Ma questa apertura non è considerata sufficiente: “Il Pentagono ci chiede ancora di confermare per iscritto la nostra ‘comprensione’ di politiche che sembrano pensate per soffocare la stampa libera e che potrebbero esporci a procedimenti penali per il semplice fatto di svolgere il nostro lavoro.”
Poco dopo l’insediamento del “secondo Trump” l’Associated Press, Reuters e Bloomberg si sono viste negare il proprio accesso alla Casa Bianca.
Le organizzazioni della stampa: “Politiche inaccettabili”
Anche il Reporters Committee for Freedom of the Press (RCFP) ha espresso scetticismo.
“Continuiamo ad avere preoccupazioni per il linguaggio aggiornato della politica, e riteniamo che rappresenterà un ostacolo significativo quando i giornalisti e i loro editori dovranno decidere se firmare questa versione rivista.” ha dichiarato il vicepresidente Gabe Rottman.
Anche PEN America, un’organizzazione che si batte per la libertà d’espressione, ha chiesto al Pentagono una “revisione” delle sue politiche.
“La sicurezza nazionale è rafforzata, non minacciata, quando i giornalisti possono indagare e riferire senza paura.” Ha detto Tim Richardson, direttore del programma giornalismo e disinformazione di PEN America, il cui slogan è “La libertà di scrivere”.
Solo la CNN si oppone apertamente
Al momento, la CNN è l’unica testata ad aver dichiarato esplicitamente che non firmerà le nuove regole.
Altre testate importanti come il New York Times e The Atlantic hanno espresso riserve, ma senza annunciare una decisione definitiva.
“Apprezziamo il dialogo con il Pentagono, ma permangono problemi nella politica e riteniamo – insieme ad altre testate – che siano necessari ulteriori cambiamenti,” ha dichiarato un portavoce del New York Times .
Un portavoce di The Atlantic ha invece confermato che la testata “[continua] a opporsi alla politica sulla stampa proposta dal Pentagono”.
Il Pentagono difende la propria politica
Il Pentagono ha respinto le accuse, sostenendo che la nuova policy non intende censurare, ma regolamentare l’accesso.
“L’accesso al Pentagono è un privilegio, non un diritto. Il Dipartimento non solo è legalmente autorizzato, ma moralmente obbligato a imporre regolamenti ragionevoli sull’esercizio di questo privilegio.” ha scritto il portavoce capo Sean Parnell su X (ex Twitter).
“I giornalisti preferiscono scandalizzarsi sui social invece di smettere di cercare di far commettere un reato a soldati e civili del Dipartimento della Guerra violando le politiche interne” ha aggiunto la segretaria stampa del Pentagono Kingsley Wilson.
Appello alla trasparenza
Nel suo comunicato ufficiale, la Pentagon Press Association ha lanciato un appello finale al Dipartimento affinché riveda le politiche prima della scadenza per la firma:
“Limitare la capacità dei media di riferire sulle forze armate statunitensi significa mancare di rispetto alle famiglie americane che hanno affidato i propri figli e figlie al servizio militare, così come ai contribuenti che versano ogni anno centinaia di miliardi di dollari al Dipartimento.”
E ha concluso con un richiamo al diritto all’informazione:
“Il popolo americano ha il diritto di sapere come viene gestito il proprio esercito. Merita più informazioni da questa amministrazione, non meno.”


















