Marilù Mastrogiovanni, ancora processi per le sue inchieste su mafia e colletti bianchi nel Salento

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Un calvario giudiziario per la direttrice del ‘Tacco d’Italia’. Fnsi, AssoPuglia e Ossigeno con lei

Quasi tre ore di udienza presso il Tribunale di Lecce, l’ultima tappa di un vero e proprio calvario giudiziario che la giornalista pugliese Marilù Mastrogiovanni subisce da quasi dieci anni fra querele temerarie, insulti e minacce. Ha fondato e dirige ‘Il Tacco d’Italia’ dal 2004, magazine d’inchiesta che si è molto occupato delle collusioni fra mafie e amministrazioni nel basso Salento, prima cartaceo e diffuso in tutta la Puglia, ora nella versione online.

La giornalista vive sotto protezione da quando nel 2017 si è ritrovata la sua caricatura sepolta in una fossa rappresentata su dei manifesti 70×100 affissi sui muri del paese salentino di Casarano, e anche sulle plance comunali col simbolo dell’amministrazione. Un atto che fu stigmatizzato da tutta la comunità giornalistica locale e nazionale, perché metteva in pericolo la vita della giornalista e la libertà d’informazione.

Marilù Mastrogiovanni passa da un’aula di tribunale all’altra ma non si scoraggia, dice a Prima: “Sono ottimista di natura e vado avanti, perché sono a posto con la mia coscienza, ho fatto sempre il mio lavoro. Dormo sonni sereni, gli altri non so”. 

Proprio per aver denunciato l’oltraggio pubblico sui muri del paese dove è nata e viveva, paradossalmente, la giornalista pugliese ha ricevuto l’ennesima querela per diffamazione da parte dell’ex sindaco di Casarano, Gianni Stefàno (Fratelli d’Italia) con l’accusa di aver detto il falso sull’attivazione delle misure di protezione scattata dopo quell’azione offensiva, che lei raccontò in una intervista al Tg1.

Ora la sentenza dovrebbe essere emessa il 5 novembre, ma l’ 8 ottobre, di fronte alla giudice del Tribunale di Lecce, Elena Coppola, Marilù Mastrogiovanni ha dovuto dimostrare che ha iniziato a vivere sotto protezione (con misure poi rafforzate) proprio a seguito delle minacce sbattute sui muri, come ha testimoniato anche un comandante dei Carabinieri. 
Nel dibattimento del processo, l’8 ottobre sono state unificate due querele per diffamazione, una dell’ex sindaco e l’altra da parte di alcuni ex membri della Giunta di destra con relativi legali, “uno schieramento da maxi processo”, commenta la giornalista, che ha dovuto presentare di nuovo la documentazione a supporto delle inchieste pubblicate che denunciavano la contiguità fra i boss e esponenti dell’ex amministrazione comunale e per la cui pubblicazione è stata assolta con formula piena. 

Anche ora è difesa dall’avvocato Roberto Eustachio Sisto dello studio Fps di Bari che ne ha chiesto l’assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, in quanto vale il diritto di cronaca e di critica. Peraltro circa una quindicina di altre querele sono state archiviate, ma proprio il 9 ottobre, si si sono svolti altri due processi per diffamazione, (davanti alla giudice onoraria Sanghez) sugli stessi temi: i soliti querelanti si sono appigliati a qualche parola diversa, per l’impossibilità di ricorrere su un processo già svolto. 

Il calvario giudiziario della giornalista inizia dopo l’omicidio del boss Augustino Potenza, nell’ottobre 2016, quando Mastrogiovanni pubblicò sul ‘Tacco d’Italia’ un’ampia inchiesta a puntate nelle quali “ne ripercorreva le ‘gesta’ dimostrando l’ampio consenso sociale e politico di cui godeva”, come ricorda la Federazione Nazionale della Stampa. Quegli articoli non piacquero all’allora sindaco Gianni Stefàno, la giornalista fu messa nel mirino della giunta di destra con raffiche di querele e una campagna denigratoria pubblica. Sui muri di Casarano una notte del giugno 2017 apparve il manifesto che dileggiava i candidati di centrosinistra (sconfitti al ballottaggio elettorale in cui fu rieletto Stefàno) e con una vignetta su Marilu mezza sepolta sotto terra e l’accusa di aver scritto cose false. Furono postati insulti su Facebook da parte dell’ex consigliere Luigi Loris Stefàno (non parente dell’ex sindaco) che li cancellò ma fu poi condannato a risarcire la giornalista.

Mastrogiovanni è forte e combattiva, una free lance che si è messa in gioco e non demorde. Certo dopo queste intimidazioni ha dovuto lasciare Casarano e trasferirsi in un’altra città pugliese con tutta la famiglia. Fa parte anche del direttivo di “G.i.U.L.i.A”, (l’associazione delle Giornaliste Unite Libere e Autonome), insegna giornalismo di inchiesta e sul web all’Università di Bari, tiene corsi di formazione sul linguaggio di genere e continua a pubblicare il suo magazine.

Fra le tante vessazioni che ha dovuto subire c’è stato anche il sequestro per ordine del Tribunale di Lecce di un numero del ‘Tacco d’Italia’ nel quale era pubblicata l’inchiesta sulle infiltrazioni della Sacra Corona Unita nel ciclo dello smaltimento dei rifiuti e i legami con settori di amministrazioni salentine. Il paradosso fu che, per la stessa inchiesta pubblicata sul giornale in quel momento sequestrato, la direttrice Mastrogiovanni ricevette il Premio Giustolisi “Giustizia e Verità, consegnatole nel palazzo del Senato il 14 dicembre 2017. In questi anni ha incassato numerosi premi, (fra gli altri il Borsellino, Articolo21, Piersanti Mattarella) e con sua grande soddisfazione è stata nominata presidente della giuria per il premio dell’Unesco “Giullermo Cano” per la libertà di stampa, unica italiana fra rappresentanti di sei continenti: assegnò il premio a Maria Ressa, giornalista filippina dissidente che ha poi vinto il Nobel per la Pace nel 2021. “Ne sono felice, perché la libertà di stampa è un presidio di democrazia per tutta la comunità, un presidio per la pace”, commenta ora.