Proprio ieri gli editori FIEG hanno presentato un reclamo formale all’Agcom, in qualità di Coordinatore nazionale dei Servizi Digitali, contro il servizio AI Overviews di Google, chiedendo alla Commissione Europea di aprire un procedimento ai sensi del Digital Services Act (DSA). Secondo gli editori, AI Overviews — attivo in Italia da marzo 2025 — e la successiva funzione AI Mode violano il DSA perché sottraggono traffico ai siti di news, riducendo la visibilità e i ricavi pubblicitari delle testate. Fieg accusa Google di essere diventato un vero e proprio “traffic killer”, con conseguenze gravi sulla sostenibilità economica dell’informazione, la pluralità dei media e il rischio di disinformazione nel dibattito pubblico.
Google AI Mode minaccia non sono gli editori
Quella contro AI Overviews sembra una battaglia già vecchia (e quindi probabilmente persa) perchè il nuovo vero pericolo si chiama AI Mode. Con questo “servizio”Google cambia radicalmente il modo in cui cerchiamo e consumiamo informazioni online con la promessa di ricerche più rapide e intelligenti ma dietro cui si cela un rischio enorme per editori e creatori di contenuti. Di questo rischio ne scrive un interessante articolo di Wired.
Impatto devastante
AI Overviews, introdotto nel maggio 2024, ha già ridotto del 40% i clic sui risultati tradizionali. Ora con l’integrazione dell’intelligenza artificiale di AI Mode in risposta alla nostra ricerca i collegamenti alle fonti vengono relegati in una colonna laterale – in un ruolo puramente accessorio che serve solo a mostrare da dove l’AI ha tratto le informazioni – mentre la parte centrale – quella che in effetti leggiamo – fornisce una risposta articolata e quasi sempre esaustiva rendendo il più delle volte rende inutile eseguire altre ricerche.
Cambio di potere
Con AI Overviews Google ha modificato l’equilibrio che ha definito Internet per decenni e con Ai Mode lo ha radicalmente reimpostato. A suo vantaggio ovviamente. Finora il “patto” era che le testate pubblicano contenuti, Google li indicizza e, in cambio, porta traffico e pubblicità. Con AI Mode, invece, Google utilizza i contenuti altrui per generare le proprie risposte, senza restituire visibilità ai siti di origine.
I numeri – riporta sempre Wired – mostrano la portata del problema. Secondo Amsive, il 68% delle attività online inizia da un motore di ricerca e Google controlla il 90% del mercato mondiale. Se l’AI diventa il filtro principale, l’impatto economico sarà devastante: meno visite, meno pubblicità, meno risorse per produrre informazione.
Siamo già in modalità “zero-click”,
Oggi già il 60% delle ricerche avviene in modalità “zero-click”, cioè senza che l’utente apra alcun sito, gli è sufficiente la prima risposta che viene fornita. Così i click provenienti da Google sono calati di oltre il 30%. Una ricerca di Ahrefs conferma il trend, stimando una riduzione media del 35% verso le pagine più visitate. Con AI Mode, questi numeri sono destinati ad aggravarsi.
Con Ai Mode Google cerca di sopravvivere
Nell’intervento che l’esperto digitale Andrea Barchiesi fa sul numero in edicola di Prima Comunicazione, anche Google ne uscirebbe danneggiata “poiché il suo modello di business si basa anch’esso sul numero delle ricerche effettuate e dello scrolling della pagina che se si riducono drasticamente abbattono le entrate pubblicitarie”.
Perché allora ha fatto una mossa che la danneggia e danneggia anche gli editori? Secondo Barchiesi “per sopravvivenza. L’intelligenza artificiale, ChatGPT per esattezza, è la minaccia emergente. Ed è molto concreta. Le aziende della dimensione di Google possono fallire solo quando nasce qualcosa che sostituisce la funzione. Gli smartphone hanno reso inutile la macchina fotografica, circoscritta ormai a nicchia. La musica digitale i CD. Spotify tutta la tradizionale distribuzione. Netflix sta eliminando la tv tradizionale e il cinema. E via dicendo i casi sono molti. La storia del Neanderthal e dell’homo Sapiens che si ripete. ChatGPT è ben più del Sapiens perché non solo ci trova le informazioni ma le elabora, le fonde, le sintetizza riducendo drasticamente il tempo e la fatica cognitiva (fattore da non trascurare)”.
Barchiesi: Google non è il nemico e la pubblicità perde senso
Dal punto di vista strategico – sempre secondo Barchiesi – Google ha due obiettivi: “cercare di limitare la perdita di utenti fornendo una sintesi ragionata e ridurre e rallentare il più possibile la crescita dell’avversario. Non dimentichiamo che quello che sta accadendo a Google sta avvenendo anche a tantissimi altri settori e professioni. Nei prossimi anni il mondo verrà riscritto nuovamente, come è accaduto negli anni 2000. Gli editori che ora credono che il nemico sia Google non hanno ben capito la trasformazione in atto. Non comprendono che la fruizione dell’informazione sarà intermediata da sistemi come ChatGPT e in un tale scenario il modello pubblicitario attuale perde senso”.
Rischio “machine web”
Secondo la BBC, Google — che ogni anno gestisce 5.000 miliardi di ricerche — sta introducendo “un allontanamento radicale” dalla ricerca tradizionale. L’ipotesi più temuta è che AI Mode diventi in futuro l’unica modalità di utilizzo del motore di ricerca, eliminando di fatto la navigazione autonoma.
In questo scenario, la rete si trasformerebbe in quella che viene definita “machine web”, una dimensione digitale in cui i contenuti vengono letti e sintetizzati dalle intelligenze artificiali più che dagli esseri umani. I siti esisterebbero ancora, ma sarebbero invisibili al pubblico, ridotti a fornitori di dati per le macchine.
I grandi accordi e gli esclusi
Alcuni colossi editoriali stanno già cercando di reagire. Lo scorso maggio Amazon ha firmato un accordo con il New York Times da 60 milioni di dollari l’anno per utilizzare i suoi articoli nell’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale. Anche OpenAI e Anthropic hanno stretto intese simili con grandi gruppi mediatici.
Ma la maggior parte degli editori non ha la forza contrattuale per negoziare compensi e rischia di essere espulsa dal circuito economico dell’informazione.
Se gli scenari peggiori si concretizzeranno, editori, giornalisti e creator vedranno crollare le visite e i ricavi pubblicitari, con il rischio di un progressivo abbandono della produzione di contenuti originali.
La rete che conosciamo — fatta di esplorazione, diversità e scoperta — potrebbe lasciare il posto a un ecosistema chiuso dominato da intelligenze artificiali.
Immagine creata con ChtGPT


















