Sami Hamdi, giornalista e commentatore politico britannico, è stato fermato ieri mattina dall’Immigration and Customs Enforcement (ICE), la polizia anti-immigrazione americana, all’aeroporto internazionale di San Francisco.
Il reporter avrebbe criticato la politica di Israele e la sua campagna militare contro Gaza in alcune conferenze pubbliche negli Stati Uniti.
Il Council on American-Islamic Relations (CAIR) ha dichiarato che la detenzione rappresenta un atto di ritorsione politica per le opinioni espresse dal giornalista e ha definito l’arresto “un affronto alla libertà di parola”, sottolineando che l’unico “reato” del giornalista è stato “criticare un governo straniero accusato di genocidio”.
I legali del CAIR stanno lavorando per ottenere il rilascio immediato di Hamdi.
Espulsione per i sostenitori del terrorismo
Tricia McLaughlin, portavoce del Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS), ha confermato sulla piattaforma social X che Hamdi, a cui è stato evocato il visto, si trova in custodia ICE in attesa di espulsione.
Nel medesimo post McLaughlin ha aggiunto che gli Stati Uniti non permetteranno “a chi sostiene il terrorismo o mina la sicurezza nazionale” di lavorare o viaggiare nel paese.
Durante il suo viaggio di lavoro negli Stati Uniti, Hamdi aveva partecipato sabato al gala annuale del Cair di Sacramento e avrebbe dovuto intervenire domenica alla serata organizzata dal Cair della Florida.
Il ruolo di Loomer
L’attivista di estrema destra Laura Loomer, – fedelissima di Trump, sostenitrice di numerose teorie complottiste e “orgogliosa islamofoba” – , ha fatto in modo che si diffondesse l’eco della notizia sui social e ha rivendicato il merito dell’arresto di Hamdi.
“Come risultato diretto della mia incessante pressione sul Dipartimento di Stato e sul Dipartimento della Sicurezza Interna, i funzionari statunitensi hanno ora deciso di agire contro lo status del visto di Hamdi e contro la sua permanenza in questo paese”, ha scritto Loomer sui social media.
Il precedente
Il caso Hamdi si inserisce in un più ampio contesto di repressione delle voci straniere considerate “pro-palestinesi” negli Stati Uniti.
All’inizio di ottobre, infatti, un altro giornalista, Mario Guevara, è stato espulso in El Salvador dopo essere stato arrestato mentre trasmetteva in diretta la protesta anti-Trump del movimento “No Kings” dello scorso giugno.
Pochi giorni prima, il 30 settembre, però, un giudice federale aveva stabilito che la politica dell’attuale amministrazione di detenere ed espellere studiosi e giornalisti stranieri per opinioni pro-palestinesi viola la Costituzione americana, in particolare il diritto alla libertà di espressione.
Nonostante ciò, il Dipartimento di Stato ha annunciato che continuerà ad applicare la politica e a revocare i visti in base a tali criteri, forte del fatto che tale sentenza, una volta impugnata, arriverebbe alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che, dopo le nomine fatte da Donald Trump, è dominata da una maggioranza conservatrice.
Foto (YouTube): Sami Hamdi


















