Il membro del Garante della Privacy ha chiesto a Viale Mazzini di bloccare la messa in onda del servizio che lo riguarda e che cita anche alcuni suoi messaggi privati. Dalla Rai nessuno stop, con Ranucci che ha denunciato un tentativo di mettere un bavaglio. E intanto le opposizioni hanno chiesto le dimissioni dall’authority
Si alzano i toni nello scontro che contrappone Agostino Ghiglia, componente del Garante per la Privacy, e Report. Dopo il primo servizio, andato in onda il 26 ottobre, anche nella puntata del 2 novembre la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci si è occupata di Ghiglia, e dei suoi rapporti con FdI.
La pec a Viale Mazzini
Nel pomeriggio di domenica, Ghiglia ha inviato alla Rai una diffida alla messa in onda nella seconda puntata della trasmissione del servizio, anticipato in parte sui social del programma, relativo al suo coinvolgimento nella procedura che ha portato alla multa per la diffusione dell’audio della telefonata con l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e sua moglie.
Il membro dell’authority ha contestato che ci sia stata una acquisizione illecita di dati personali attraverso la violazione della corrispondenza privata. In più ha precisato di aver dato mandato ai suoi legali per verificare la configurazione di reati e assumere altre iniziative.
La tv pubblica ha confermato la messa in onda, non ravvisando elementi per impedirla, in assenza di interventi in tal senso dell’Autorità giudiziaria. Il suo stop, oltre che dare adito ad accuse di censura, avrebbe anche procurato un danno in termini economici per l’azienda.
Ranucci: Ghiglia vuole un bavaglio
Al centro della puntata i messaggi inviati da Ghiglia nel corso della procedura che ha portato alla multa. Il componente del Garante avrebbe coinvolto Cristiana Luciani, che all’epoca faceva parte della sua segreteria, chiedendole di “incardinare subito procedimenti urgenti” sui reclami firmati dalla coppia Sangiuliano-Corsini. Inoltre, avrebbe inviato una mail alla sua segreteria, prima della decisione, scrivendo: “Domani vado da Arianna”.
Ghiglia è stato in effetti visto il giorno dopo entrare nella sede di Fdi, ma ha spiegato di essere andato lì per parlare con Italo Bocchino del suo nuovo libro e di aver solo incrociato la sorella della premier per un breve saluto.
“Non c’è stato nessun materiale trafugato o intrusioni informatiche – ha commentato Ranucci – Quello che tenta di fare Ghiglia è mettere un bavaglio. È gravissimo, si tratta di interruzione di servizio pubblico”.
Ghiglia: corrispondenza violata
“Il mio ‘vado da Arianna’ significa ‘vado al Secolo d’Italia’ perché la sede di Fdi e il Secolo d’Italia sono nello stesso posto. Ma se anche fosse? Non sono libero di incontrare chi mi pare? Un conto è vedere le persone, un altro è fare qualcosa che non va dopo averle viste”, il commento rilasciato da Ghiglia all’Ansa.
Poi attacca: “E’ molto grave non solo l’intrusione nella mia vita privata, perché sono stato pedinato, ma la violazione della mia corrispondenza e delle mie chat che sembra siano nella disponibilità di Report da non so quanto tempo. Stiamo parlando di mail del Garante, di un’Autorità pubblica e non privata e su questo Ranucci dovrà dare risposte non a me, ma a chi di dovere”.
“Mi chiedo – ha concluso- se per la Rai, il cda e la Commissione di Vigilanza sia tutto corretto. A me non sembra”.
Richiesta di dimissioni dall’opposizione
La sua presa di posizione ha provocato la reazione dell’opposizione, che ha chiesto le sue immediate dimissioni. “La sua diffida è gravissima, si tratta di interruzione di servizio pubblico”, ha affermato Sandro Ruotolo, responsabile Informazione del Pd. “Un’Autorità di garanzia deve essere terza, indipendente, credibile. Qui non c’è più nulla di tutto questo. Chi è coinvolto deve trarre le conseguenze: le dimissioni sono l’unica via per restituire un minimo di fiducia nelle istituzioni e nella democrazia”.
“Ci aspettiamo che Agostino Ghiglia si dimetta immediatamente da un ruolo che evidentemente non ricopre con disciplina e onore ma come mero esecutore degli ordini di un partito, Fratelli d’Italia, andando così contro l’interesse pubblico”, hanno aggiunto i parlamentari del M5S nelle commissioni Cultura di Camera e Senato.

















