Tagli audiovisivo, Sbarigia (Apa) a Prima: “Tutti d’accordo nel recuperare i fondi. Mef e MiC al lavoro”.

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Lunedì tre novembre è iniziato con le discussioni in Senato l’iter per la nuova legge di bilancio, che vede un taglio consistente per il fondo cinema e audiovisivo del Ministero della Cultura. Da 696 a 550 milioni di euro. Un duro colpo per un settore fortemente sovvenzionato, prevalentemente tramite credito d’imposta, e che vede ora le proprie risorse a rischio.

Il taglio doveva essere anche più cospicuo, ma l’allarme scattato nelle scorse settimane ha dato un primo risultato, risparmiando 40 milioni dalla scure del governo. A portare avanti la difesa del comparto c’è Apa, l’associazione dei produttori audiovisivi, presieduta da Chiara Sbarigia, che nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme, denunciando che, con la manovra, 124mila posti di lavoro potrebbero essere a rischio. Intervistata da Prima Comunicazione, Sbarigia ora però rassicura: “Mi sembra che adesso si siano tutti convinti che i soldi vadano recuperati”.

Presidente Sbarigia, vi aspettate di ottenere ulteriori risultati nelle prossime settimane, prima che la legge sarà definitivamente varata?
Ci speriamo molto, perché 40 milioni sono pochissimi, anche se come segnale è stato positivo. Ci auguriamo che abbiano capito che il taglio è più grande di quello che sembra. Oltre a quello annunciato, infatti, va aggiunto lo stop allo splafonamento (gli sforamenti concessi ai fondi stanziati ndr). Una mossa ampiamente prevista, ma che di fatto taglia altri 350 milioni. Messe insieme, le due misure portano a un taglio complessivo di 500 milioni. È tanto: la metà di tutto il fondo finora utilizzato.

Quali sarebbero le ricadute per l’industria audiovisiva?
Quello dell’audiovisivo è un settore che ha, come tutti gli altri settori industriali di questo paese, necessità di programmare. Per il prossimo anno, le nostre aziende hanno già chiuso contratti, trattato con i committenti, ingaggiato i talent… bisogna sapere con anticipo se le norme cambiano. E l’impatto è su tutta la filiera, anche per chi commissiona, come le televisioni lineari, a pagamento e le piattaforme di streaming. Sono processi che vanno accompagnati. Stiamo facendo tutto il possibile per recuperare, stiamo interloquendo a tutti i livelli.

Quali?
Abbiamo parlato con i parlamentari della maggioranza e con quelli dell’opposizione, siamo riusciti anche a parlare con il Ministero dell’Economia. Speriamo di essere riusciti a raccontare bene come funziona questo sistema e a darne la giusta narrazione.

Ovvero?
Stiamo cercando di recuperare dai violenti attacchi condotti contro il cinema, che ha subito un grave danno di immagine. Il nostro non è un settore fatto di malversazioni, anzi è un settore che è cresciuto e che impiega più di 120 mila lavoratori, con la fiction che ha registrato un +10% di crescita dal 2024 al 2023. E non è un circolino di miliardari, ma è un settore fatto di piccoli e grandi imprenditori. I soldi stanziati dallo Stato, poi, non sono stati buttati al vento: hanno portato a investimenti importanti, tra cui strutture fisiche, come studi televisivi o impianti di post produzione ma anche immateriali. E hanno attirato altri investimenti: l’anno scorso la fiction ha beneficiato di 250 milioni di tax credit, ma ha raccolto altri 400 milioni dal mercato e 130 milioni dai produttori stessi.

La sottosegretaria alla cultura Lucia Borgonzoni ha dichiarato pochi giorni fa che il fondo cinema e audiovisivo va riportato a 700 milioni…
Credo che siano tutti d’accordo nel voler recuperare quei soldi. Mi risulta che sia un desiderio anche del ministro della Cultura Giuli. E il Ministero dell’Economia, che ha a che fare con tante istanze, anche più grandi della nostra, sta affrontando il problema. Si sono tutti resi conto che il blocco allo splafonamento insieme al taglio già previsto del fondo cinema e audiovisivo porta a una riduzione complessiva maggiore del previsto. Raggiunta questa consapevolezza, è partita la corsa a recuperare i soldi.

Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia (foto Ansa)

Si aspetta che il tax credit per l’audiovisivo tornerà al 30%, dal 40% attuale?
Immagino di si, perché il 40% era una misura temporanea introdotta per il Covid, e non ci aspettavamo rimanesse per sempre. Tuttavia, il tax credit si è rivelato uno strumento fondamentale per rendere più competitive le aziende italiane all’estero favorendo la stabilizzazione del management e del production value.

Come può l’industria dell’audiovisivo riuscire a rendersi più indipendente dalla sovvenzione pubblica?
La strada verso l’indipendenza è stata aperta proprio dal tax credit, introdotto per l’audiovisivo solo nel 2017 dopo una lunga battaglia di Apa e ha fatto sì che i produttori italiani riuscissero a trattenere la proprietà dei diritti delle loro opere. È stata una svolta epocale che ha portato le aziende italiane ed essere competitive sui mercati internazionali. Non dimentichiamo che la vera ricchezza di una società di produzione è la sua library. E quindi, in fase di trattativa con i committenti bisogna riuscire a ottenere migliori condizioni sui diritti. Ora, però, l’obiettivo prioritario è uno: recuperare i fondi tagliati.