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Renzi non c’entra nulla con quanto sta accadendo in Rai. Anzaldi interviene dopo le dimissioni di Verdelli: nessuna strategia sull’informazione e forse non riusciranno a far quadrare i conti

di Anna Rotili – “Renzi non c’entra nulla con quanto sta accadendo in Rai”. Michele Anzaldi, deputato Pd e membro della Commissione di Vigilanza, interviene sulle polemiche innescate dalle dimissioni di Carlo Verdelli dalla Rai: c’è chi ha chiesto che lo segua anche il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e chi parla di ‘fallimento renziano’. “Renzi non c’entra nulla con quanto sta accadendo in Rai. Fin dall’inizio gli attuali vertici hanno operato in autonomia, come è giusto dopo gli anni di Berlusconi e degli editti bulgari, e spesso peraltro sono anche andati contro alcuni dei capisaldi dell’esperienza del Governo Renzi, tradendo in sostanza le aspettative”.

A cosa si riferisce?
Intanto agli stipendi. Mentre Renzi tagliava le retribuzioni dei manager pubblici, ponendo il tetto da 240mila euro, in Rai Campo Dall’Orto faceva il pieno di assunzioni esterne con contratti da 360mila euro, come i direttori di rete nominati da lui. Ora, grazie al voto del Pd in parlamento, il tetto è diventato obbligatorio per legge, e il Cda vorrebbe addirittura bloccarlo.

Michele Anzaldi (foto Primaonline)

Oltre agli stipendi, c’è qualcos’altro che non l’ha convinta dell’azione dei vertici Rai?
L’atteggiamento nei confronti della riduzione del canone. Il Governo Renzi, per la prima volta nella storia, abbassa il canone Rai, che gli altri governi avevano sempre aumentato, e lo mette in bolletta per impedire che ci siano evasione e furbetti. Alla Rai, invece di cogliere l’occasione per impegnarsi ancora di più sui tagli agli sprechi, si lamentano addirittura che forse non saranno in grado di far quadrare i conti. Anche se al servizio pubblico viene garantita sempre la stessa cifra. Un atteggiamento incomprensibile, che sconfessa proprio il mandato governativo. E poi c’è il problema principale, al centro delle polemiche di questi giorni: l’informazione.

Lei su questo punto è sempre stato molto duro. Perché?
In un anno e mezzo di attività, l’attuale gestione Rai ha operato su un tema strategico come l’informazione senza alcuna strategia. Nessuna decisione è stata presa a scadenza, tanto che si sono chiusi senza alcun piano Ballarò, Virus, Scala Mercalli, solo per citarne alcuni. Tanti spazi chiusi e regalati alla concorrenza, che hanno portato al paradosso di costringere il premier, per confrontarsi durante il Referendum, ad andare sulle reti commerciali, vedi il faccia a faccia da Mentana con Zagrebelsky, su la7. Le uniche decisioni prese in tema di informazione sono state le assunzioni esterne bocciate dall’Anac e le nomine alle direzioni dei telegiornali decise all’improvviso e in 24 ore per arginare lo scandalo Stipendiopoli, emerso grazie all’obbligo di trasparenza imposto proprio dal Governo Renzi. Quella vicenda stava travolgendo il direttore generale, il presidente e 40 dirigenti con lo stipendio sopra al tetto, molti anche senza incarico. Intanto il vecchio Piano Gubitosi, votato da Cda e Vigilanza con 70 milioni di euro di risparmi annui, è stato cancellato, e a metà mandato non ce n’è ancora un nuovo.

Redazione PrimaOnline

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