Cinema

Moccia, tre metri sopra lo smartphone

Babi e Step anno 2023. I due protagonisti di ‘Tre metri sopra il cielo’, best seller che Federico Moccia scrisse più di 30 anni e che al cinema rese famoso Riccardo Scamarcio, oggi lasciano il posto alla Gen Z. A raccontarla, anche questa volta, è lo scrittore e regista romano. Che però non si siede al computer ma impugna un telefonino.
Si intitola ‘Bro’ il cortometraggio di circa 10 minuti prodotto da Orange Pictures e Adler Entertainment, che Moccia ha realizzato con Motorola e girato con alcuni Edge 40 Pro, smartphone disponibili dallo scorso aprile.

Essere o apparire

Nel film, recitano due giovani attrici – Jenny De Nucci ed Eleonora Gaggero – e alcuni 16-17enni scelti con un social casting nello spazio Lenovo di Milano.
“Trovare i ragazzi non è stato difficile – spiega il regista – perché tanti sognano di fare questo lavoro, a volte per passione e a volte solo per la voglia di apparire. È quella che io chiamo ‘apparisenza’, dove l’apparire diventa l’essenza.
Con la voce fuori campo di Andrea che impugna un telefonino per filmare e filmarsi, ‘Bro’ inanella frammenti di storie d’amore ma anche di violenza e dolore.
Un “trailer”, lo definisce Moccia, di quella che potrebbe diventare una serie televisiva.
Nell’attesa, il corto si può vedere sul web e sui social di Motorola, ma sarà anche presentato nei prossimi giorni al Lucca Comics & Games.

Cinema, libri e pubblicità

Moccia, lei non è nuovo alla comunicazione pubblicitaria, in passato ha girato spot per Procter & Gamble. Qui però il rapporto con il committente è diverso…
“Pubblicità, cinema, libri: sono modi diversi di raccontare storie. Il più libero in assoluto è la scrittura, perché non hai limiti, la pagina bianca la riempi come meglio credi e può succedere di tutto. ‘Bro’ è un teaser, che serve anche a far conoscere come vorresti raccontare questa storia, con protagonisti veri e credibili: un’occasione per presentare il progetto non sulla pagina ma in video, così che poi possa essere proposto alle varie piattaforme”.
Rispetto ai ragazzi che raccontò in ‘Tre metri sopra il cielo’, quelli che filma oggi sono molto diversi?
“Li vedo molto più completi oggi. Il libro è del 1992 ma anche il film, girato nel 2004, nasceva in un’epoca in cui i telefonini erano agli inizi, non c’era il messaggiarsi, le foto, i video. Però alcuni elementi restano uguali, penso alle emozioni, alle fragilità o alla forza. Ma anche in certi casi alla superficialità.
Si riferisce a una scena di ‘Bro’ in cui una ragazza racconta di essere stata filmata contro la sua volontà mentre faceva sesso?
“Come i coltelli, che possono tagliare il prosciutto oppure far male a qualcuno, i telefonini possono essere usati in modo inappropriato ma sono anche uno strumento di conoscenza. Da una parte perché diventano una testimonianza reale di ciò che si è fatto. Dall’altra perché accrescono le conoscenze. Lo vedo anche nei miei figli, di 13 e 11 anni. Ceto, vorrei che i ragazzi avessero una consapevolezza, che fra loro ci fosse uno che dice, come accadeva una volta: state sbagliando, e salvasse la ragazza perché la violenza è sempre inaccettabile”.

Telefonini e social sono stati accusati spesso di creare solitudine: tanti amici virtuali, nessuno scambio fisico.
“Oggi i ragazzi hanno una grande capacità di essere a proprio agio, cosa che io alla loro età non avevo assolutamente. Bisogna però lavorare molto per stimolarli, farli parlare, condividere. Perché il telefonino ormai sostituisce un po’ tutto e dietro il suo schermo puoi raccontare molto di te e del tuo mondo”.
Che cosa significa girare con uno smartphone anziché con un a telecamera?
“Significa che vedi il risultato solo alla fine, non hai sempre l’occhio in macchina. E alla fine quello che mi ha colpito è stato scoprire la verità e la naturalezza che siamo riusciti a captare”.

Marina Cappa

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