Logo più moderno, nuovo sito e payoff e il debutto su Instagram: sono i 4 passi attraverso i quali Accredia ha rinnovato la sua comunicazione.
Una serie di novità che arrivano in concomitanza con i 15 anni di attività dell’ente che così, non solo mira a rafforzare il suo ruolo di accreditatore tra i suoi naturali interlocutori, ma anche a raggiungere i consumatori finali, raccontandosi al di fuori dei tecnicismi.
A spiegare cosa cambia è Gianluca Di Giulio, responsabile relazioni istituzionali ed esterne, studi e statistiche. Cominciando a fare anche un quadro di cos’è Accredia e di quale sia il suo compito.
Nata nel 2009, Accredia nasce in risposta a un regolamento comunitario europeo che richiedeva a ogni stato membro l’istituzione di un ente unico nazionale di accreditamento. Sul suo sito infatti si definisce il ‘certificatore dei certificatori’.
“Svolgiamo un servizio pubblico che consiste nel verificare la competenza, l’indipendenza e l’imparzialità degli organismi che rilasciano le certificazioni e verificano la conformità di prodotti e servizi agli standard”, illustra. “Le nostre attività sono estendibili a qualunque categoria di prodotto e di servizio, ma riguardano anche i laboratori di prova e taratura e le persone che possono richiedere una certificazione delle loro competenze”.
Giuridicamente è una associazione privata, nominata in questo ruolo dal Governo italiano ed è vigilata dal Ministero delle Imprese e del made in Italy. Settantuno i soci che la compongono e che rappresentano le parti interessate alle attività di accreditamento: “dalla PA con i 9 ministeri che hanno sottoscritto il decreto ministeriale di nomina, le principali associazioni di categoria del mondo delle imprese – da Confindustria, Confcommercio, Confartigianato e Confagricoltura -. Poi ci sono un’altra serie di soggetti istituzionali che hanno interesse sull’attività di accreditamento, come Ispra, Enea, Cnr, Inail, l’Istituto superiore di sanità. Infine le rappresentanze dei soggetti accreditati e i grandi committenti, come Enel e Ferrovie dello Stato”.
Il focus e l’azione non sono solo su base nazionale, ma anche comunitaria e internazionale. Fa parte infatti della rete europea di accreditamento – European Accreditation (EA) – e l’International Accreditation Forum (Iaf). “Il valore aggiunto di questa attività è il mutuo riconoscimento: il fatto che tutti quanti gli enti nel mondo operino in base agli stessi standard tecnici fornisce la garanzia che il controllo degli organismi nazionali siano uguali”, dice Di Giulio. In pratica norme condivise che esulano dalle regole dei mercati locali. Permettendo ai prodotti delle società che fanno richiesta volontariamente di certificazioni accreditate di viaggiare nei mercati internazionali.
Insomma, uno strumento di garanzia, che è opportuno far conoscere e riconoscere proprio ai consumatori, perché – appunto – siano più consapevoli.
Ed è qui che entra in gioco il cambio di passo nella comunicazione, messo in campo a inizio dicembre, lavorando con l’agenzia creativa Melazero sulla brand Identity. “In 15 anni abbiamo aumentato la nostra visibilità, la nostra autorevolezza nei confronti dei nostri interlocutori principali che sono evidentemente la pubblica amministrazione e il mondo delle imprese. Ma è chiaro che tutto il sistema cresce se il consumatore finale riconosce tutto quello che c’è a monte, risalendo fino al marchio Accredia”, racconta Di Giulio.
A questa consapevolezza si è unita anche un’esigenza estetica che ha portato alla revisione del logo e del marchio che l’ente rilascia agli organismi accreditati.
Dal nome esteso che si intreccia al profilo dell’Italia, si è arrivati a una A inserita in un cerchio. “La A, oltre a essere l’iniziale di Accredia ha la forma triangolare che a nostro giudizio richiama la solidità, mentre il cerchio è la forma geometrica che meglio contiene tutto”. I trattini centrali della lettera sono sostituiti da due linee parallele, per dare il senso di un doppio controllo, a simboleggiare appunto il ruolo di Accredia come “controllore dei controllori”. Grafite e ocra i colori dominanti, scelti con un occhio alla sostenibilità, essendo tonalità che non dovrebbero richiedere un consumo eccessivo di inchiostro per elaborarli e stamparli.
“Il logo ora è più moderno e accessibile, perché realizzato secondo specifici standard che consentono la leggibilità anche a chi ha delle disabilità o difficoltà nella lettura digitale”.
In questa scelta, così come fatto per i colori, al centro c’è un’attenzione alla sostenibilità sociale.
Il restyling ha coinvolto anche il sito, realizzato dall’agenzia Cultur-e. “Abbiamo cercato di creare un portale che sia certamente il primo strumento utile per i nostri clienti”. Ma poi ci sono sezioni e spazi a raggio più ampio, come le banche dati “aperte a tutti” con l’elenco sia dei soggetti accreditati, sia delle imprese certificate. La riorganizzazione garantisce una maggiore flessibilità, con la possibilità di intervenire con contenuti per rispondere a esigenze di stretta attualità.
“In passato abbiamo fatto pubblicità sulla radio e per un breve periodo in tv. Non con budget milionari, certo, ma abbiamo cercato di costruire un messaggio diffondendolo su diversi canali”. E ora, la decisione di potenziare l’aspetto social, aggiungendo Instagram ai profili già attivati, indica la volontà di intercettare un determinato target e uno spaccato specifico della società.
Alle piattaforme più professionali come LinkedIn e YouTube, e quella più adulta come Facebook, su Instagram si guarda indubbiamente ai giovani per indirizzarli al valore della qualità.
“In generale oggi si utilizzano molto audio e video per recuperare le informazioni, molto meno la lettura. E quindi ci è sembrato naturale implementare l’aspetto social. E Instagram ci sembrava il contenitore migliore per farlo”.
Nuovo infine è anche il pay off, elemento che forse più di tutti si rivolge ai primi naturali interlocutori di Accredia. L’iniziale ‘Per chi sceglie la qualità’ si è evoluto in ‘competere per crescere’. “All’inizio, quando Accredia era poco conosciuta bisognava far capire in quale ambito ci trovavamo. Ora che le imprese conoscono quello che c’è dietro la qualifica di un prodotto, vogliamo dire loro che queste certificazioni permetteranno di portarlo più lontano”.
“Ripensando al pay off abbiamo provato a inserire tutti questi concetti. Abbiamo giocato sul tema della competenza, perché sostanzialmente il sistema di accreditamento basa tutto sulla competenza. E perché va verificata? Per crescere. Il sistema deve portare a una crescita che non è solo sull’economia, ma anche sostenibile, con i criteri Esg”.
“La certificazione accreditata ormai è sempre più diffusa, perché a monte è proprio il legislatore che si sta affidando a questo sistema per fornire le garanzie al consumatore finale”. In Italia, ad esempio, rileva Di Giulio, è lo strumento che il governo ha scelto per gli obiettivi del Pnrr. Uno su tutti quello della parità di genere.
“Siamo entrati in una fase in cui davvero ci sentiamo uno strumento in mano alla pubblica amministrazione per cercare di elevare la qualità del nostro paese. Abbiamo l’opportunità, e anche il dovere di comunicare sempre di più, in maniera meno tecnica e più divulgativa per arrivare anche al consumatore finale”.
Un ragionamento che vale ancora di più in un momento in cui si aggiungono temi di sempre maggiore rilievo anche in fatto di sicurezza, come la digitalizzazione e soprattutto l’AI.
“Stiamo cercando di capire come il nostro mondo potrà supportare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Stando a quanto ha detto il governo, ad Accredia dovrebbe essere affidata l’attività di verifica della competenza degli organismi che andranno a certificare i sistemi di AI. Andremo a garantire che quei sistemi ad alto rischio siano costruiti secondo standard che tutelino la privacy, il genere e tutti quei principi fondamentali. Perché questi strumenti, conclude, se mal gestiti o mal utilizzati possono creare dei gap importanti”.
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