CRONACA

Apple fa il difensore civico digitale. Scavalcando istituzioni e magistratura

“Apple ha rilevato un attacco spyware mercenario mirato contro il tuo iPhone. E’ probabile che questo attacco ti stia prendendo di mira specificatamente per via della tua identità o della tua attività”.
E’ questo il messaggio apparso l’altro giorno sullo schermo degli smartphobe di due giornalisti in Europa, un olandese e un italiano, Ciro Pellegrino della redazione napoletana di Fanpage, la stessa testata diretta da Francesco Cancellato che era stato intercettato dal malaware israeliano Paragon, acquistato dagli apparati di sicurezza del nostro paese.

Ciro Pellegrino

Il caso Pellegrino

Nel caso di Cancellato, come si ricorderà, fu direttamente la casa di produzione del software di intercettazione ad avvertire l’utente italiano. Nei giorni scorsi invece è stata Apple a muoversi ufficialmente informando i due giornalisti che erano vittime di una azione di controllo delle loro comunicazioni. Aggiungendo che quell’attacco li stava prendendo di mira “per via della tua identità o attività”.

Sembrerebbe davvero che la guerra ibrida sia riuscita perfino a impressionare uno dei grandi fratelli che ci sorvegliano ormai da molti anni.
Apple che, insieme a Google, controlla i sistemi operativi del 98% degli smartphone del pianeta, ed ha la possibilità di sapere bene quale sia l’identità e l’attività dei suoi due clienti come di tutti gli oltre due miliardi di acquirenti dei suoi terminali, sembrerebbe che abbia voluto distinguersi da questa pratica di “spyware mercenario” che gli appare sempre più aggressiva e pervasiva.
Infatti il gruppo fondato da Steve Jobs contemporaneamente all’alert ai due giornalisti intercettati ha diffuso in ben 150 paesi una successiva nota ufficiale, altro passo del tutto inedito, con la quale ha voluto pubblicamente denunciare,che probabilmente dietro a questa pratica ci sono forze molto rilevanti in grado di impegnare risorse e saperi che non sono riducibili a entità private.

La mossa di Apple

La nota di Apple spiega che “il costo elevato, il livello di sofisticazione e la natura globale del fenomeno rendono gli attacchi di spyware mercenari fra le minacce più avanzate attualmente esistenti”.
Come a dire: ragazzi siamo ben oltre la profilazione commerciale o il pedinamento digitale, siamo ad una strategia di grande spessore di vera e propria guerra geo politica, in cui anche realtà come la nostra, un gigante della Silicon Valley, rischia di essere aggirato ed esautorato.
Per questo il principale produttore di telefonini del mondo, da cui ricava circa il 75% del suo fatturato, si propone come garante e consulente di ognuno dei suoi clienti a cui propone un vero protocollo di procedure e accorgimenti tecnici volti a ridurre, se non proprio azzerare la propria vulnerabilità.

Fra queste norme viene indicata anche la cosidetta “modalità di isolamento”, ossia una condizione in cui l’utente di fatto si arrocca in uno stato di connettività ridotta, delegando al sistema operativo il filtro e la certificazione delle proprie comunicazioni.
Due sono gli aspetti che emergono da questo nuovo quadro: da una parte la scelta di campo di Apple che in una strategia che la vede ad esempio sganciarsi dal regime cinese per la produzione dei suoi sistemi telefonici che saranno realizzati in India, sceglie di proporsi come un difensore civico dei suoi utenti, rinnovando quel patto socio culturale che aveva concepito il suo fondatore al momento in cui lanciò il marchio della mela morsicata.
Il secondo aspetto riguarda le istituzioni. La nota di Apple sembra del tutto ignorare che nel mondo esistano poteri costituzionali, quali governi e parlamenti, e che le trasgressioni segnalate sono di competenza primaria della magistratura di ogni singolo paese in cui si verificano.
Siamo ad un nuovo giro di boa della globalizzazione digitale, in cui la distanza fra utenti e fornitori di servizi tecnologici si accorcia, bypassando i poteri locali che dovrebbero dirci come intendono rivendicare la propria autonomia e sovranità, sempre che lo intendano.

Michele Mezza

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