Viviameno in una “democrazia digitale”, nella quale serve stabilire dei parametri “per evitare che i dati sensibili” diventino di proprietà di persone “che ne fanno un utilizzo non corretto”.
E’ un passaggio dell’intervento di Alberto Barachini, sottosegretario all’editoria, dal Festival dell’Economia di Trento.
“Il flusso dei fatti può modificare radicalmente la coscienza democratica e la partecipazione democratica delle persone”, ha rilevato. “Noi viviamo in una democrazia digitale, ormai, che deve quindi tener presenti leggi, regole, norme parallele o diciamo laterali rispetto a quelle che abbiamo sempre vissuto”.
“Non c’è bisogno di citare il caso Romania o citare quello che sta avvenendo in Germania, queste situazioni identificano come il flusso dei dati la distribuzione del dato modifica radicalmente o può modificare radicalmente la coscienza e la partecipazione delle persone”, ha avvertito.
Oggi “il dato è talmente raffinato” che si arriva a capire “quale area di un determinato quartiere può essere più o meno sensibile ad un tipo di informazione e addirittura un taglio dell’informazione e ad una selezione ulteriore di quella stessa informazione”.
Ma – ha spiegato ancora – “l’informazione, il giornalismo, la notizia non è un prodotto è un bene fragile, è un bene che produce un effetto sulla coscienza critica e democratica e quindi deve essere considerato diversamente”: si tratta – ha avvertito – “di stabilire quali possono essere dei guard rail etici, dei guard rail normativi, per evitare che i dati sensibili, quelli che influiscono appunto sulla coscienza critica diventino di proprietà di persone che ne fanno un utilizzo non corretto”.
Dal suo punto di vista, il tema riguarda anche gli Over The Top, che “stanno facendo gli editori anche se non hanno le stesse responsabilità, gli stessi oneri, gi stessi vincoli”.
E – ha proseguito Barachini – non possiamo consentire che i titolari di informazioni nazionali, quindi anche di un pluralismo informativo, diventano soggetti esterni al nostro Paese” che sono – l’accenno è a Tik Tok e alla Cina – “a volte governati direttamente da chi controlla autorità politica”. C’è “una governance non chiara”. “Non sappiamo esattamente chi detiene dato e come viene utilizzato”.
Serve una “informazione che abbia solide basi professionali”, e servono “editori il più possibile liberi, lontani da interessi politici o ideologici”, ha avvertito ancora Barachini, per parlare anche di come questi obiettivi vengono perseguiti dal ‘modello italiano’. Non è mancata “una polemica continua sulla validità del sostegno pubblico all’informazione: è corretto? Non è corretto? Come va organizzato?”, ha ragionato, rilevando che “in Europa, soprattutto mondi come la Germania e la Francia, oggi ci guardano con attenzione”. Sistemi di sostegno “esistono anche in quei Paesi, per esempio la Francia spende 4 volte quello che spendiamo noi per sostenere l’agenzia di stampa francese Afp”.
Ma sta anche accadendo che “in Europa, soprattutto in mondi come la Germania e la Francia, i governi, i parlamenti, si stanno rendendo conto che se non operano un sistema di difesa del sistema integrato dell’informazione nazionale verranno raccontati da realtà che non sono più quelle del Paese: da una parte, certamente, è un ulteriore contributo pluralistico alla narrazione, ma è anche un rischio, perché io vengo raccontato da un Paese diverso dal mio, e bisogna vedere con che interesse viene fatto. Possono essere logiche politiche, possono essere logiche commerciali, o internazionali”.
C’è un cambiamento di visione rispetto a “quando, all’inizio del nostro lavoro, andavamo ai vertici europei per parlare con le altre autorità governative che si occupano di informazione, e presentavamo il nostro modello di sostegno all’editoria”, ha ricordato Barachini: “Venivamo visti un po’ come atipici, un po’ come persone che in qualche modo hanno un rapporto non sano con il mondo dell’informazione che in tutto il mondo, giustamente, è considerato un bene privato che deve rimanere privato, senza connessioni con la politica o con il governo”. E’ stato “faticoso spiegare che il nostro supporto non è collegato a realtà specifiche ma disteso su tutto il sistema editoriale. Noi facciamo un’azione a larga scala, a largo raggio, non è che scegliamo gli editori da sostenere”.
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