Il dibattito sull’utilizzo IA oggi è’ caratterizzato dalla rivelazione che il primo ministro svedese Ulf Kristersson consulta regolarmente l’intelligenza artificiale per “avere un secondo parere” nelle decisioni di governo.
L’ammissione del leader conservatore – che sta generando dibattiti e riflessioni in tutta Europa – arriva proprio mentre l’entrata in vigore dell’AI Act europeo sposta il focus dalla sola trasparenza tecnica alla questione essenziale della responsabilità umana nel governo e nell’uso dei sistemi AI.
La riflessione su “Chi risponde per le parole dell’AI?” diventa così ancora più attuale e urgente: il caso Kristersson offre la chiave perfetta per leggere la portata della nuova normativa. Dal 2 agosto 2025, alcune disposizioni dell’AI Act europeo sono operative, imponendo obblighi di trasparenza, documentazione, tracciabilità e, soprattutto, responsabilità esplicita riguardo ai contenuti generati dall’intelligenza artificiale: non basta più chiedersi chi abbia scritto un testo o suggerito una decisione, ma chi se ne assume la paternità e le conseguenze.
Così, come sottolinea l’articolo, il concetto di “firma” torna centrale: la responsabilità non può essere delegata né all’algoritmo né a chi ne ha scritto il codice, ma resta in capo a chi, concretamente, decide di pubblicare e divulgare un contenuto o adottare una scelta rilevante. Il legislatore europeo, con l’AI Act, conferma questa linea: chi immette sul mercato o nell’arena pubblica modelli di AI, o ne diffonde i risultati, deve garantire che ciò avvenga rispettando trasparenza, licenze d’uso, diritti d’autore e tracciabilità dei processi.
Dal 2 agosto 2025, i fornitori di modelli e i grandi operatori devono:
• documentare pubblicamente il funzionamento e la base dati dei modelli,
• assicurare che i dati di training rispettino i diritti d’autore,
• prevedere meccanismi di controllo e verifica del contenuto generato,
• essere pronti a rispondere (anche con sanzioni fino a 35 milioni di euro o il 7% del fatturato) se emergono violazioni.
Diventa così chiarissimo l’obiettivo: passare dalla “caccia alle streghe” sui detector di AI (Winston AI, GPTZero, Originality AI…) alla costruzione di una cultura della responsabilità, dove non importa più tanto se un testo sia stato scritto da una macchina o da una persona, ma chi ne risponde pubblicamente, giuridicamente ed economicamente.
L’AI Act interviene anche in una materia delicatissima: il diritto d’autore. Le società di gestione collettiva, come la tedesca GEMA, hanno già avviato cause contro OpenAI (ChatGPT) e Suno Inc., chiedendo non solo risarcimenti, ma la creazione di sistemi trasparenti di licenze e la possibilità per gli autori di escludere le proprie opere dall’addestramento delle AI. La normativa europea ora obbliga a citare le fonti nei datasheet dei modelli, a negoziare licenze adeguate e a prevedere sanzioni, creando un quadro di tutela senza precedenti per gli autori e gli editori.
Inoltre, secondo la disciplina attuale, solo le creazioni con apporto umano sono tutelate dal diritto d’autore. Se un testo, un’immagine o una musica sono generati interamente da un’AI, non godono di protezione, ma, se un umano li adotta, li rielabora e li “firma”, se ne assume la piena responsabilità, sia in termini di originalità che di eventuali illeciti.
La metafora del comandante che risponde sempre della rotta, anche se decide di affidarsi a strumenti tecnologici, sintetizza perfettamente questa evoluzione. L’AI, come il GPS o il ghostwriter, è uno strumento di supporto: l’umano resta il titolare delle scelte e delle conseguenze. La vera innovazione, quindi, non è più collegata alla paternità del singolo testo, ma alla cultura della responsabilità consapevole, capace di coniugare progresso tecnologico, diritto, e tutela della creatività.
Non è più importante “chi scrive”, ma “chi firma”, chi certifica che quelle parole rappresentano davvero il proprio pensiero e la propria responsabilità. L’AI Act impone a tutti – aziende, pubbliche amministrazioni, privati – di non abdicare mai alla propria responsabilità. Solo così la creatività umana potrà prosperare, anche nell’epoca dell’AI.
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