“Da domani l’Italia entrerà ufficialmente in procedura d’infrazione per violazione dell’European Media Freedom Act (EMFA), la normativa europea che tutela l’indipendenza e il pluralismo dell’informazione. È un fatto gravissimo che allontana il nostro Paese dai principi democratici europei e segna un’ulteriore deriva del servizio pubblico radiotelevisivo sotto il controllo del governo”.
Lo dichiarano in una nota rappresentanti e parlamentari di opposizione membri della Commissione di Vigilanza Rai appartenenti a Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva, Azione e +Europa, insieme alle associazioni della società civile impegnate nella difesa dell’informazione libera e indipendente: Articolo 21, MoveOn, NoBavaglio, Libera Informazione, Articolo 5, Giovani Democratici, Unione dei Giovani di Sinistra e Infocivica”.
“Mentre l’Europa chiede trasparenza nelle nomine, indipendenza dalla politica e risorse garantite su base pluriennale – proseguono le opposizioni riprese da Adnkronos – il governo Meloni e la sua maggioranza propongono una riforma che va nella direzione opposta: accentrando il potere in capo al governo e generando instabilità finanziaria che si traduce in una vera e propria “TeleMeloni Tax” imposta ai cittadini che dovranno pagare i costi dell’infrazione comunitaria”.
“Le ragioni della procedura d’infrazione – spiegano le opposizioni – sono tre: l’attuale governance, dove il governo nomina direttamente l’Ad, il Presidente e la maggioranza del CdA; l’assenza di finanziamenti stabili, con risorse decise di anno in anno dall’esecutivo; e la missione della Rai, che continua a operare come concessionaria, invece che come soggetto autonomo incaricato per legge della missione del servizio pubblico, come richiesto dall’Emfa”.
“La proposta della maggioranza non solo non risolve questi problemi, ma li aggrava perchè: prevede la nomina a maggioranza semplice di quasi tutto il CdA, consentendo al governo di controllare fino a 6 membri su 7; introduce la possibilità di tagliare il canone RAI del 5% l’anno, col rischio concreto di ridurre le risorse del servizio pubblico del 25% in una sola legislatura. Le opposizioni interverranno unite per modificare la proposta presentata dalla maggioranza in Senato operando insieme per un’idea condivisa basata su alcuni principi nel solco del regolamento europeo: nomine dei membri del Cda trasparenti e meritocratiche tramite procedura pubblica; mandati individuali sfalsati per evitare lottizzazioni e rendere il Cda un organo continuo; finanziamento certo e pluriennale non modificabile dal governo e dalla maggioranza; e la trasformazione della Rai in una vera Digital Media Company di Servizio Pubblico, con missione definita per legge e un Contratto di obiettivi e mezzi che le assegni risorse proporzionate ai compiti da svolgere”.
“Il proficuo tavolo di lavoro tra politica e società civile sta costruendo un vero e proprio patto trasversale destinato anche a orientare il programma dei partiti attualmente all’opposizione per la prossima legislatura. La Rai – concludono – deve tornare a essere un bene comune, non un megafono del potere. L’Italia ha il dovere di rispettare l’Europa e garantire un servizio pubblico libero, autonomo e pluralista”.
“Le ragioni della procedura d’infrazione – spiegano le opposizioni – sono tre: l’attuale governance, dove il governo nomina direttamente l’Ad, il Presidente e la maggioranza del CdA; l’assenza di finanziamenti stabili, con risorse decise di anno in anno dall’esecutivo; e la missione della Rai, che continua a operare come concessionaria, invece che come soggetto autonomo incaricato per legge della missione del servizio pubblico, come richiesto dall’Emfa”.
“La proposta della maggioranza non solo non risolve questi problemi, ma li aggrava perchè: prevede la nomina a maggioranza semplice di quasi tutto il CdA, consentendo al governo di controllare fino a 6 membri su 7; introduce la possibilità di tagliare il canone RAI del 5% l’anno, col rischio concreto di ridurre le risorse del servizio pubblico del 25% in una sola legislatura. Le opposizioni interverranno unite per modificare la proposta presentata dalla maggioranza in Senato operando insieme per un’idea condivisa basata su alcuni principi nel solco del regolamento europeo: nomine dei membri del Cda trasparenti e meritocratiche tramite procedura pubblica; mandati individuali sfalsati per evitare lottizzazioni e rendere il Cda un organo continuo; finanziamento certo e pluriennale non modificabile dal governo e dalla maggioranza; e la trasformazione della Rai in una vera Digital Media Company di Servizio Pubblico, con missione definita per legge e un Contratto di obiettivi e mezzi che le assegni risorse proporzionate ai compiti da svolgere”.
“Il proficuo tavolo di lavoro tra politica e società civile sta costruendo un vero e proprio patto trasversale destinato anche a orientare il programma dei partiti attualmente all’opposizione per la prossima legislatura. La Rai – concludono – deve tornare a essere un bene comune, non un megafono del potere. L’Italia ha il dovere di rispettare l’Europa e garantire un servizio pubblico libero, autonomo e pluralista”.
“E’ vitale per il servizio pubblico che arrivi al più presto una legge di attuazione del Media Freedom Act europeo, in vigore da domani anche nella parte che riguarda i servizi pubblici. Non solo per avere l’indispensabile autonomia dei vertici dal governo di turno, in assenza della quale la Rai paga da anni un pesantissimo prezzo di legittimazione nell’opinione pubblica. Ma anche perché l’Emfa da domani impone di garantire ‘risorse finanziarie adeguate, sostenibili e prevedibili…tali da salvaguardare l’indipendenza editoriale'”. Così il Consigliere di amministrazione Rai, Roberto Natale, in una nota.
“Tutto il contrario dei lacci che negli anni sono stati stretti da governi di ogni colore intorno al collo della Rai: il prelievo forzoso di 150 milioni nel 2014 (vicenda che ancora attende risposte conclusive); il taglio del canone di 20 euro applicato nel 2024; le misure di contenimento dei costi esterni imposte dalla legge di bilancio 2025. Vincoli – prosegue – che da domani con l’Emfa saranno fuorilegge, ma che intanto hanno segnato negativamente anche le più recenti scelte Rai: dai colpi inferti ai programmi di informazione, tagliati o ridotti nel numero di puntate, ai mancati impegni per le precarie e i precari della Fase 2, colleghi chiamati ad aspettare ancora che la Rai abbia un quadro più certo delle sue risorse future”.
“La legge è urgente, dunque – conclude – non solo per evitare la procedura di infrazione, ma soprattutto per scongiurare il soffocamento del servizio pubblico, bene prezioso da salvaguardare nel mondo distopico dei giganti di internet”.
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