Comunicazione

La guerra per l’attenzione: chi vince e chi perde nel nuovo ecosistema media

Negli ultimi dieci anni, il tempo che le persone dedicano ai media è cresciuto poco – soltanto l’1–2% annuo – mentre l’offerta di contenuti e dispositivi è esplosa in modo esponenziale. Il risultato è una saturazione che ha reso più complessa la monetizzazione. Oggi, quasi due terzi dei baby boomer usano Internet o app mentre guardano la TV, e negli Stati Uniti si trascorrono in media 13 ore al giorno interagendo con contenuti mediatici.

Report di McKinsey & Company “The ‘attention equation’: winning the right battles for consumer attention” (PDF)

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Al netto dell’inflazione, i ricavi del settore sono rimasti pressoché stabili. La crescita di social media, piattaforme di streaming e audio digitale non ha garantito margini comparabili a quelli di TV lineare, editoria, cinema e supporti fisici. I dati USA mostrano chiaramente questa forbice: un’ora di sport dal vivo vale 33 dollari, i parchi di divertimento 24, i concerti 17; la musica digitale si ferma a 0,12 dollari, la radio a 0,11 e i podcast a 0,05. I social media e i social video, pur attesi in crescita rispettivamente del 10% e del 7% annuo tra il 2024 e il 2028, valgono oggi solo 0,25 dollari per ora. Restano più redditizi, anche se in calo, quotidiani, riviste e libri, subito dopo eventi live e gaming.

L’attenzione come risorsa scarsa

La ricerca McKinsey evidenzia differenze sostanziali nei livelli di attenzione attiva. Gli eventi dal vivo si confermano al vertice, seguiti dai libri, che registrano un 81% di fruizione ad alta concentrazione (al pari dei live e ben oltre quotidiani e riviste, al 62%). Tra i digitali, solo il gaming su console o PC si avvicina a questi valori (73%), mentre lo streaming video si ferma al 57%.

Anche la modalità di consumo conta: videogiochi e streaming, fruiti per circa il 40% del tempo insieme ad altri, generano più attenzione rispetto ad attività solitarie come social video o mobile gaming. Persino all’interno dei formati emergono differenze: lo streaming video stimola più concentrazione della TV via cavo, della FAST TV (canali gratuiti sostenuti da pubblicità) e dei social video, ma non tutte le piattaforme di streaming raggiungono lo stesso livello.

Dal punto di vista generazionale, Gen Z e baby boomer mostrano livelli medi simili di attenzione, distribuiti però in modo diverso: i giovani privilegiano il gaming, i boomer i quotidiani. La distanza più netta si osserva nello sport dal vivo: i boomer risultano molto più attenti negli stadi, mentre la Gen Z dichiara di concentrarsi maggiormente davanti alla TV.

Attenzione e spesa: un legame diretto

La correlazione è chiara: un aumento del 10% dell’attenzione porta a un +17% della spesa complessiva. Chi appartiene al quartile più alto per livello di attenzione spende mediamente il doppio rispetto a chi è nel più basso.

McKinsey identifica cinque motivazioni principali di fruizione mediatica, in ordine di redditività:

  1. Passione – live events, libri, audiolibri, streaming di nicchia. Anche la musica digitale, nel 34% dei casi ascoltata per passione, è usata nel 20% come semplice sottofondo.
  2. Istruzione e informazione – trainano quotidiani, riviste, podcast, libri, audiolibri, TV via cavo e YouTube.
  3. Connessione sociale – caratterizza social network, social video come TikTok e Reels, live events e gaming.
  4. Intrattenimento leggero e relax – guidano TV lineare, streaming, social video e mobile gaming, pur con elementi di “passione” nei videogiochi.
  5. Sottofondo – dominato dalla radio, seguito da musica digitale, podcast e TV lineare.

I sette profili dei consumatori

Oltre ai criteri tradizionali (età, reddito, abitudini), l’equazione aggiunge la qualità dell’attenzione. Da qui nascono sette cluster:

  • Content lovers (13%): onnivori dell’intrattenimento, spendono 2,4 volte di più e consumano 1,7 volte in più della media.
  • Interactivity enthusiasts (16%): appassionati di contenuti generati dagli utenti e sponsorizzazioni, molto attivi su Reddit, spesso critici verso offerte complesse e costose.
  • Community trendsetters (10%): estroversi e influenti, frequentano eventi live, molto attivi sui social e generatori di mode.
  • Digital traditionalists (10%): meno giovani ma aperti, fedeli ai brand, interessati a restare aggiornati.
  • Legacy holdouts (29%): il gruppo più ampio, legato a TV, quotidiani e libri, diffidente verso il digitale.
  • Mobile scrollers (11%): utenti esperti e attenti ai costi, consumano contenuti gratuiti su smartphone e acquistano premium solo con cataloghi ricchi.
  • Thrifty thinkers (11%): parsimoniosi ma curiosi, attratti da media stimolanti e da esperienze culturali di valore.

Un sottogruppo particolare è quello dei super users: consumano molto ma non sempre spendono di più. Il 10% dei maggiori spender genera quasi il 50% della spesa complessiva, mentre il 10% dei consumatori più intensivi in tempo contribuisce solo al 20%. Nei video premium la distanza è ancora più evidente: solo un quinto dei grandi fruitori rientra anche nei top spender.

L’attenzione come driver di valore

Il lifetime value (LTV) di un cliente nei servizi di streaming è più alto dove la concentrazione è forte e i bisogni percepiti come rilevanti. Catalogo, titoli esclusivi, qualità delle raccomandazioni e mix di generi (sport e news in primis) incidono direttamente sull’attenzione e sull’LTV.

La “equazione dell’attenzione” mostra che la concentrazione da sola non basta: serve risonanza, ovvero la capacità di un contenuto o annuncio di essere percepito come rilevante e coerente con il contesto. Le prime evidenze empiriche confermano che la risonanza aumenta conversioni e vendite.

Per gli inserzionisti le tre sfide chiave sono:

  1. generare risonanza allineando attenzione e motivazioni,
  2. segmentare il pubblico in base al valore commerciale,
  3. sfruttare opportunità oggi trascurate.

La sfida dei prossimi anni

In un mercato saturo, creator e distributori usano sempre più tecniche di analisi – tagging dei metadati, algoritmi, analytics in tempo reale – per comprendere cosa funziona e con chi. L’equazione dell’attenzione aggiunge una variabile preziosa, utile per orientare produzione, distribuzione e investimenti.

La scelta – conclude McKinsey – sarà tra due strade: eccellere in una forma specifica di attenzione oppure costruire un portafoglio che copra più esigenze, integrando l’attenzione nei modelli di creazione e allocazione delle risorse. La sfida riguarda anche come adattare i contenuti ai segmenti già esistenti, attrarre nuovi pubblici e valorizzare canali ancora sottoutilizzati.

Roberto Borghi

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