CRONACA

Altri giornalisti uccisi dall’esercito israeliano a Gaza. Tajani: garantire incolumità ai media

Si allunga la lista dei giornalisti rimasti uccisi nei raid israeliani nella striscia di Gaza. L’attacco israeliano con un drone kamikaze sul complesso ospedaliero Nasser di Khan Younis ha aggiunto all’elenco altre vittime tra reporter e operatori.
Tra i 19 morti accertati – ma il bilancio sembra destinato a salire – ci sono Hossam al-Masri, cameraman della Reuters, il giornalista Moaz Abu Taha, Mohammed Salam fotoreporter di Al Jazeera e Mariam Abu Daqa, giornalista che collaborava con diversi media, tra cui l’Independent Arabic e l’Associated Press Ahmad e Abu Aziz di Quds Feed. Un altro giornalista della Reuters, Hatem Khaled, è rimasto ferito nell’attacco.

Confermando il decesso del suo cameraman, Reuters ha spiegato al-Masri stava riprendendo l’attacco. “Il video in diretta si è improvvisamente interrotto nel momento dell’attacco iniziale, come mostrano le immagini della Reuters”, ha segnalato l’agenzia sul suo sito web.
Shock anche all’Associated Press. “Mariam si recava regolarmente in ospedale per la copertura mediatica. Il suo lavoro recente includeva storie toccanti di bambini affamati e malnutriti a Gaza”, ha scritto l’agenzia. “Stiamo facendo tutto il possibile per garantire la sicurezza dei nostri giornalisti a Gaza”.

Sindacato giornalisti palestinesi: terribile massacro

In una nota, il sindacato dei giornalisti palestinesi ha affermato che l’esercito israeliano ha commesso oggi “un nuovo terribile massacro contro la stampa palestinese, che si aggiunge al suo curriculum criminale”.
Nel raid, si aggiunge nel commento, oltre alle 4 vettime ci sarebbero anche diversi giornalisti feriti, tra cui il fotografo Hatem Omar (che lavora per la Reuters e diversi altri media) e il fotografo Jamal Badah, che lavora per il canale televisivo Palestine Today.
In tutto il bilancio dei giornalisti e degli operatori dei media caduti nella Striscia di Gaza sono “più di 244”.

L’attacco, scrive ancora il sindacato – ripreso da Ansa – incarna il chiaro intento dell’esercito israeliano “di colpire la voce libera, la telecamera testimone e i cavalieri della parola”.
“Questo crimine efferato rappresenta una grave escalation nel prendere di mira i giornalisti palestinesi in modo diretto e deliberato, e conferma senza ombra di dubbio che l’occupazione sta conducendo una guerra aperta contro i media liberi, con l’obiettivo di terrorizzare i giornalisti”, conclude la nota.

Rsf: Idf fa di tutto per silenziare voci su Gaza

“Stanno facendo tutto il possibile per mettere a tacere le voci indipendenti che cercano di riferire su Gaza”. E’ stato il commento del direttore generale della ong internazionale con sede a Parigi Reporter senza frontiere (Rsf), Thibaut Bruttin. I sostenitori della libertà di stampa non avevano mai assistito a un regresso così grave per la sicurezza dei giornalisti, ha aggiunto Bruttin ripreso da Nbc, sottolineando che i giornalisti sono stati uccisi sia in attacchi indiscriminati sia in attacchi mirati che l’esercito israeliano ha ammesso di aver compiuto.

L’esercito israeliano avvia un’indagine

Dal canto suo, l’esercito israeliano ha annunciato l’avvio di un’indagine sul duplice attacco lanciato sull’ospedale Nasser, respingendo l’accusa di colpire volontariamente i media.
“Il Capo di Stato Maggiore ha ordinato di condurre un’indagine preliminare il prima possibile”, si legge in un comunicato su Telegram. “L’Idf si rammarica per eventuali danni causati a persone non coinvolte e non prende di mira i giornalisti in quanto tali. L’Idf agisce per mitigare il più possibile i danni alle persone non coinvolte, garantendo al contempo la sicurezza delle proprie truppe”.

Tajani: garantire incolumità

Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani. “Crediamo che sia giusto garantire l’incolumità dei giornalisti ed è giusto che i giornalisti possano compiere il loro lavoro anche nella Striscia di Gaza”, ha detto al termine della sua udienza con Papa Leone.
Sul tema dei media a Gaza, ha aggiunto. “abbiamo già approvato un documento insieme a tanti altri Paesi”. “La nostra posizione sulla libertà di stampa non cambia”.

Nella foto: le macerie di Khan Younis nel corso di uno degli attacchi dell’esercito israeliano (foto LaPresse/AP)

Redazione PrimaOnline

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