Il brande entertainment continua a crescere come strumento chiave nella comunicazione di marca. Lo racconta lo studio ‘Stato del mercato Branded Entertainment 2024/2025’, realizzato da OBE -Osservatorio Branded Entertainment, in collaborazione con Ipsos Doxa e in partnership con RTI e UPA.
Il 2024 si è chiuso con 732 milioni di euro di investimenti, registrando una crescita dell’8,5% rispetto al 2023. Un risultato che porta il BE a rappresentare il 7% del totale degli investimenti pubblicitari. Le previsioni per il 2025 indicano una ulteriore crescita, con un valore stimato di 783 milioni di euro (+7%).
L’analisi di OBE conferma la prevalenza del video come mezzo principale del branded entertainment. La televisione (broadcaster, streamcaster e Pay TV) guida il mercato con una quota del 36%, seguita da social media e piattaforme digitali di intrattenimento, che salgono al 33%, riducendo il divario rispetto alla tv. Seguono editoria online (10%), canali proprietari dei brand (7%), out of home e attività sul territorio (5%), editoria cartacea (4%) e canali audio-only (4%).
Tra i mezzi c’è una differenza strutturale. In TV prevale la brand integration (75% contro il 25% di produzioni originali), mentre nei canali digitali la situazione si ribalta: il 75% degli investimenti è destinato a contenuti originali. La televisione si conferma così un contesto efficace per raggiungere ampie audience, mentre il digitale diventa il luogo privilegiato per creare relazioni dirette e utilizzare linguaggi nativi.
Nonostante la crescita, OBE racconta che il comparto presenta spazi di miglioramento. Il 58% degli intervistati afferma che incrementerebbe gli investimenti in branded entertainment se disponesse di budget più ampi, segno che la disciplina è ancora percepita come un elemento tattico e non sempre parte di una strategia di lungo periodo.
Il 20% degli operatori dichiara di agire con una visione di breve termine, mentre il 39% ritiene necessario un maggiore livello di conoscenza e dati sull’efficacia delle attività. Dati che, secondo quanto riporta la ricerca, evidenziano un mercato in evoluzione, ma ancora in fase di maturazione.
“Il branded entertainment va oltre l’awareness, incidendo su dimensioni più complesse come la familiarity e il trust, KPI tra i più sfidanti da attivare”, ha spiegato Anna Vitiello, direttore scientifico di OBE.
“Per liberarne appieno il potenziale servono però una maggiore integrazione strategica, una visione di lungo periodo, l’utilizzo sistematico della misurazione e una regia in grado di valorizzare il contributo di tutti gli attori coinvolti. Solo così ogni euro investito potrà tradursi in un ritorno concreto di valore”.
Secondo Erik Rollini, consigliere di OBE e managing director Essence Mediacom l’aspetto decisivo oggi è la misurazione. “Spesso si pensa che sia già una prassi diffusa, ma la realtà racconta altro. Eppure, ha rimarcato, oggi il branded entertainment è misurabile con metodologie consolidate: dal tracking con indagini a campione, ai modelli multivariati sulle vendite e su altre variabili di performance”.
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