Fatto fuori il Comune che finanzia il Teatro. Gualtieri infuriato: una vicenda grottesca e inaccettabile oltre che illegittima. E fanno discutere le parole di Mattarella sull’egemonia culturale: “La cultura è libertà non pensiero unico”:
Sta suscitando una notevole discussione la nomina del regista Luca De Fusco a direttore generale del Teatro di Roma. De Fusco, candidato della destra, sponsorizzato dal presidente della commissione Cultura Federico Mollicone (e si dice anche da Gianni Letta), ha battuto la concorrenza di Onofrio Cutaia, indicato dal Pd e dal Comune di Roma (che finanzia il Teatro con 6.5 milioni di euro l’anno) e di Marco Giorgetti. La nomina è stata sancita dal cda nel corso di una riunione che era stata sconvocata dal presidente Francesco Siciliano ma che si è tenuta ugualmente, con una sorta di blitz, presenti i rappresentanti della Regione Lazio e del Mic.
Insorgono i partiti di opposizione. Per il deputato del Pd Stefano Graziano “solo immaginare di nominare il direttore del Teatro di Roma contro il sindaco di Roma è una follia. La destra va avanti per arroganza e colpi di mano. Rispetto per il nome di De Fusco, ma il tema è il metodo, non le persone. Dobbiamo azzerare tutto e ripartire. Ma purtroppo la destra pensa solo ad occupare poltrone senza una visione. Questa è un’inutile ferita nel mondo della cultura italiana di cui non si sentiva il bisogno”. Il Teatro di Roma è una istituzione proprietaria nella capitale dei teatri Argentina, India e Torlonia.
in una nota congiunta, l’ex Sindaca di Roma e oggi consigliera capitolina del M5S Virginia Raggi e la capogruppo del M5S in I Municipio Federica Festa, scrivono: “Il giochino delle poltrone non ci appassiona, tuttavia ‘piazzare persone’ come fossero pedine non è pratica nuova né per la destra né per la sinistra che oggi grida allo scandalo: del resto, erano tutti presenti quando hanno esaminato 42 curriculum in appena 2 ore e già da allora si poteva intuire come la competenza non fosse proprio l’elemento cardine del ragionamento. Peccato per l’occasione persa per il Teatro di Roma e per questa brutta prova di tutte le Istituzioni”.
Durissimo il commento del sindaco di Roma Roberto Gualtieri: In una intervista rilasciata al Messaggero ha dichiarato. “Questa vicenda è inaccettabile e grottesca. Faremo tutto quello che è nei nostri poteri. Ed è molto. Presenteremo una mozione in Assemblea Capitolina. Non solo, la sottoscrizione contrattuale non firmata dal presidente Francesco Siciliano, è illegittima e sarà impugnata in sede civile. Ma non è solo una questione procedurale”. “Questa vicenda non deve tramutarsi in una guerra politica. Io non l’ho fatto, sono altri che hanno voluto metterla su un piano diverso da quello della correttezza istituzionale. E auspico che continui l’ottima collaborazione istituzionale in corso con governo e Regione su tutti i fronti”. “Avevo concordato con il ministro Sangiuliano – ricorda Gualtieri – un percorso condiviso, nel metodo e nel merito. Invece poi un deputato (Federico Mollicone, Fdi, ndr) ha fatto riunire i consiglieri della destra in una saletta in assenza del presidente e del delegato del Comune di Roma”.
La mancata nomina di Onofrio Cutaia, attualmente sovrintendente al Maggio Fiorentino – sottolinea Il Fatto Quotidiano – sembra costituire un altro stop alle ambizioni di Carlo Fuortes, ex ad Rai, che proprio al Maggio doveva essere “sistemato” dopo lo stop dei giudici al suo insediamento a Napoli.
Il Sole 24 Ore, facendo la cronaca dell’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia di inaugurazione di “Pesaro capitale italiana della cultura 2024”, sottolinea un passaggio del discorso del capo dello Stato: “La cultura non sopporta restrizioni o confini, pretende il rispetto delle opzioni di ogni cittadino, respinge la pretesa, sia di pubblici poteri o di grandi corporazioni, di indirizzare le sensibilità verso il monopolio di un pensiero unico”. Per il quotidiano economico “il tema è più attuale che mai. E non solo per il dibattito sulla supremazia delle grandi multinazionali della rete che appiattiscono le opinioni e hanno la forza di portarle verso un’unica direzione ma perché siamo anche in un tempo in cui si discute di egemonia culturale quasi come un tratto necessario del potere politico”.