Presente al Meeting di Rimini, il ministro ha parlato in diversi momenti e su vari piani del rapporto con la casa automobilistica
Un ingresso dello stato in Stellantis? Era un tema di 4 anni fa. A dirlo il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ospite al Meeting di Rimini.
“Quattro anni fa, quando fu presentato il progetto di Stellantis, anche ai fini dell’esercizio della Golden Power, si sarebbero potuto porre le condizioni”, ha spiegata nel punto stampa, rispondendo a chi chiedeva se fosse possibile un ingresso dello Stato nel capitale del gruppo.
“Ero al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica e mi imbattei con documenti ufficiali che sollecitavano una decisione del governo di allora. Quel governo se ne lavò le mani come Ponzio Pilato”, ha aggiunto.
“Ora noi stiamo recuperando rispetto a quelle posizioni”, ha aggiunto citando anche l’esempio di Tim, lasciando intendere che l’accordo per lo scorporo della rete sia il risultato di una serie di decisioni errate che affondano le loro radici in anni e decenni precedenti.
“Noi facciamo le cose con il materiale che abbiamo, col buon senso pratico di colui che sa che deve tutelare l’interesse nazionale ed è quello che faremo”, ha chiosato tornando al discorso Stellantis.
“Tocca a Stellantis”
In generale, il rapporto del Governo – e in particolare del suo dicastero – con la casa automobilistica è stato uno dei temi più dibattuti durante il suo passaggio a Rimini. E il ministro non ha limitato le critiche. “Il governo ha fatto la sua parte”, ha spiegato nel panel ‘Made in Italy e filiere produttive’ – moderato da Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera.
Ora “tocca alla Fiat assumersi la responsabilità sociale, tocca a Stellantis rilanciare l’auto in Italia e noi aspettiamo una risposta da tempo”, ha ribadito, segnalando di essere in attesa – tra i vari temi – anche di risposte sulla gigafactory di Termoli che coinvolgono risorse del Pnrr.
In Europa più ragione e meno ideologia
Tra i temi che Urso ha affrontato, c’è stato anche quello della transizione e della sostenibilità, dei quali ha discusso anche nell’intervista pubblicata su ilSussidiario.net.
“Occorre coniugare la sostenibilità ambientale con la sostenibilità produttiva e sociale, per salvaguardare l’impresa e il lavoro”, ha detto.
Sul fronte del processo di doppia transizione, ecologica e digitale, “il vento è cambiato in Europa”, ha spiegato, convinto del fatto che con il nuovo parlamento ci sarà un approccio meno ideologico sulle questioni.
“Già nella scorsa legislatura europea siamo riusciti a imporre lo stop al dossier Euro 7 e a modificare il Regolamento sul Packaging. Il matrimonio di interessi tra Ppe, Sinistra e Verdi è innaturale, non reggerà alla prova perché non corrisponde al volere degli elettori che hanno penalizzato proprio i fautori del fondamentalismo ecologico mentre accresce il nostro peso nelle istituzioni europee”, ha detto.
“Siamo più forti nel Parlamento europeo e molti dei componenti della prossima Commissione saranno espressione di governi di centrodestra. Sono fiducioso che prevarrà la ragione sull’ideologia”.