Nelle meditazioni per la Via Crucis l’appello di Francesco per una maggior attenzione per le persone, contro una economia che “uccide e scarta”. E l’invito ad evtare pregiudizi e certezze che creano chiusure
“Abbiamo costruito un mondo che funziona così: un mondo di calcoli e algoritmi, di logiche fredde e interessi implacabili”. A scriverlo Papa Francesco, nei testi della Via Crucis che stasera si terrà al Colosseo con il cardinale vicario di Roma Baldo Reina.
Meditazioni che spaziano da una visione più etica dell’economia, alla necessità di pace e inclusione che riguardano tutti, compresa la Chiesa.
“La nostra convivenza ferita, o Signore, in questo mondo a pezzi, ha bisogno di lacrime sincere, non di circostanza”, ha scritto Francesco. “Gesù, che sembri dormire nel mondo in tempesta, portaci tutti nella pace del sabato. Allora la creazione intera ci apparirà molto bella e buona, destinata alla risurrezione. E sarà pace sul tuo popolo e fra tutte le nazioni”.
“Disumana è l’economia in cui novantanove vale più di uno”, ha rilevato in un altro passo. “La legge della tua casa, economia divina, è un’altra, Signore”, invocando la forza di “un cambio di rotta e un cambio di passo”.
Bisogna uscire fuori da una economia che “uccide e scarta” e considerare che “le persone non sono numeri”, ha aggiunto ancora.
Il Papa ha sottolineato che c’è “bisogno di chi ci fermi, talvolta, e ci metta sulle spalle qualche pezzo di realtà che va semplicemente portato. Si può lavorare tutto il giorno, ma senza di te si disperde”. E allora prega Dio di “fermare la nostra corsa”, “quando andiamo per la nostra strada, senza guardare in faccia nessuno”, “quando le notizie non ci commuovono”, “quando le persone diventano numeri”, “quando per ascoltare non c’è mai tempo”.
Il Papa ha chiesto aiuto a Dio per una “Chiesa lacerata”, ribadendo il suo messaggio di inclusione per “tutti tutti tutti”.
Poi l’invito a evitare giudizi e pregiudizi, al contrario di aprire i cuori “quando davanti a me c’è una persona giudicata”, “quando le mie certezze sono pregiudizi”, “quando mi condiziona la rigidità”.
Richiamo anche all’assunzione di responsabilità contro l’indifferenza: “Siamo noi ad avere il fiato corto, a forza di evitare responsabilità. Basterebbe non scappare e restare: tra coloro che ci hai dato, nei contesti in cui ci hai posto. Legarci, sentendo che solo così smettiamo di essere prigionieri di noi stessi. Pesa più l’egoismo della croce. Pesa più l’indifferenza della condivisione”, ha scritto.