Una conferenza stampa lunga tre ore, una cena gourmet, e poi il vero show. Nel dopo-evento della presentazione dei palinsesti Mediaset, Pier Silvio Berlusconi si lascia andare a chiacchiere politiche con i giornalisti, tra battute sullo ius scholae, frecciate a Tajani e apprezzamenti soft per Meloni.
E così, tra un bicchiere di vino e un pacchero al pomodoro, si scatena il corto circuito. Berlusconi junior diventa protagonista del dibattito politico nazionale. Tutto mentre Mfe affronta le fasi finali dell’Opa su Prosieben.
Naturalmente c’ero anch’io alla presentazione dei palinsesti Mediaset l’8 luglio, nella sede di Cologno. Una serata destinata a passare alla storia, più che per le novità televisive, per aver trasformato Pier Silvio Berlusconi in una star – o una mina vagante – della politica italiana, grazie a dichiarazioni trancianti su Tajani e altri esponenti di Forza Italia (vedi testi Ansa in fondo).
Parole nate non in una sede istituzionale, ma tra calici e chiacchiere post conferenza stampa, finita dopo tre ore, alle 22.30, e seguita da un conviviale con i giornalisti rimasti fino a notte fonda.
Che a Pier Silvio piaccia stare in mezzo alla stampa lo si sapeva. Sempre disponibile, risponde anche alle domande più banali o da rotocalco, su conduttori, programmi e palinsesti.
Ma quello che gli riesce meglio è quel dopocena informale, circondato da cronisti che lo pungolano gentilmente, a caccia del mini scoop da titolone del giorno dopo.
E quest’anno, c’è da dirlo, gli è andata di lusso.
Già durante la conferenza stampa era arrivata una domanda sullo ius scholae, tema caro ad Antonio Tajani. Berlusconi junior aveva risposto con cortesia: “sono più contro che a favore. Condivido il principio, ma non lo considero una priorità. Mi spiace per Tajani, so di dargli un colpetto”.
Poi, come a voler smorzare: “la proposta non è mal formulata, ma può essere migliorata. I diritti vanno sempre difesi, l’ho imparato da mio padre”. Tono garbato, nessuna polemica vera.
Stessa moderazione sulle domande relative a Giorgia Meloni. A chi gli chiedeva se pensasse a un futuro in politica, ha risposto con ironia: “mio padre aveva 58 anni quando ha deciso di scendere in campo, io ne ho 56… c’è tempo”. Una battuta, appunto.
I veri temi centrali del suo intervento riguardavano tutt’altro: i numeri record di Mfe nel 2024 – ricavi a 2,949 miliardi (+5,3%), utile netto a 266 milioni (+22,7%), indebitamento in calo del 20,8% – i confronti (non proprio pacati) con la concorrenza, soprattutto Rai e La7, la messa in pausa di ‘Striscia la Notizia’ fino a novembre, le novità con Maria De Filippi, Gerry Scotti, e le new entry giornalistiche Federico Rampini e Tommaso Labate. E poi, naturalmente, la delicatissima Opa su Prosieben, che si concluderà il 13 agosto: una partita internazionale di primo livello.
Alle 22.30 il responsabile media Angelo Santoro ha ufficialmente chiuso la parte stampa per dare il via alla
cena: paccheri al pomodoro firmati Da Vittorio e il resto di un menù da gourmet. Ma le chiacchiere tra Pier Silvio e i giornalisti sono proseguite, informali e fitte, tra sorrisi, battute e confidenze.
Con lui tutti i manager chiave del gruppo, incluso Stefano Sala, ad di Publitalia 80 e di MfeAdvertising, soprannominato ‘Ironman’ ( +2,1% la raccolta pubblicitaria nel primo semestre 2025).
Alle 23.30 lo studio si svuotava, ma una ventina di giornalisti restavano, attorno a un Pier Silvio sempre più loquace. Qualcuno seduto, altri accalcati in piedi. È lì che è scattato lo sfogo politico: dichiarazioni a ruota libera, giudizi, mezze aperture, stile “confessionale da dopocena”.
Eppure, pensare che tutto ciò avvenga a pochi giorni dalla conclusione dell’Opa tedesca, mentre gl investitori di mezza Europa osservano con attenzione ogni mossa, lascia basiti. Immaginate l’effetto
– finanziario, non solo mediatico – della notizia che il capo operativo del gruppo televisivo più potente del Paese sta pensando alla politica.
Ma il vero colpo di scena arriva il giorno dopo, scaduto l’embargo imposto dall’ufficio stampa. Giornali e talk show si scatenano: titoli drammatici, analisi da campagna elettorale, Tajani “colpito”, il centrodestra “spaccato”, Berlusconi “pronto a scendere in campo”. Tutto come se fosse una cosa seria.
Ma la verità? È che il nome Berlusconi, da solo, attiva riflessi condizionati nei media italiani. Psicologici, diremmo. Ne è prova il commento di Luca Telese su La7, che parlava di un “bombardamento chirurgico” per presidiare il centro, mentre Marianna Aprile evocava “la mucca del conflitto di interessi che torna a muggire nei corridoi”.
La teoria più strutturata l’ha offerta Maurizio Molinari: secondo lui, quella sera Pier Silvio ha messo un primo piede nel centro della politica italiana, correggendo Tajani, attaccando Renzi, e mandando un messaggio chiaro: “Io ci sono”. Un posizionamento, secondo l’ex direttore di Repubblica, che richiama lo stile del padre nei primi anni Ottanta, quando preferiva gestire i rapporti con la politica da dietro le quinte.
Oggi, intanto, il ministro degli Esteri Tajani era sul palco della Ukraine Recovery Conference accanto a Mattarella e Meloni. Nella realtà vera – fuori dallo show – la politica continua.
E Pier Silvio? Probabilmente dovrà fare i conti con le reazioni molto infastidite della sorella Marina e
imbarazzate dei vertici di Mediaset.
“Dentro Forza Italia bisogna guardare avanti: Tajani è bravissimo, Dalla Chiesa è bravissima, Gasparri è bravissimo… ma ci vuole anche altro, nel senso di apertura, di visione del futuro”: è il giudizio di Pier Silvio Berlusconi, che ammira “la passione e il coraggio” ed è convinto che ci sia bisogno di “presenze nuove, idee nuove, lavoro nuovo” all’interno del partito fondato dal padre Silvio.
“Se non ci fosse Tajani bisognerebbe inventarlo, questo però non vuol dire che non si possa fare meglio. Io stimolo Tajani a introdurre nella squadra del partito presenze nuove. Il mondo della politica ha delle mancanze di leadership, se si vuole crescere bisogna far crescere i leader”.
E dunque “è ora di avere, accanto a tanti ottimi senatori che fanno questo mestiere da anni – ha spiegato a margine della presentazione dei nuovi palinsesti Mediaset – anche una nuova spinta. Ogni ecosistema vive queste fasi: anch’io in azienda sto assumendo 200 giovani all’anno e si sente già la spinta. Un vero leader deve saper guardare oltre se stesso. Volete un esempio? Silvio Berlusconi, che se ne è sempre fottuto di cosa comportasse per lui, ma ha sempre aspirato a ciò che era migliore e più grande, per la famiglia, per l’azienda, per la politica”.
E a chi evoca l’idea che Forza Italia strizzi l’occhio alla sinistra, risponde senza mezzi termini: “Cazzate. Forza Italia deve essere una forza liberale e moderata, con una spinta progressista verso i diritti. I diritti tutti sono importanti”. Il problema, a suo giudizio, è che “manca il centro: meno male che Tajani c’è, che Forza Italia c’è. Tra la vera sinistra, che per me sono i Cinque Stelle e il Pd da una parte e FdI e Lega dall’altra c’è uno spazio gigante, che equivale a come la sente e la pensa la maggioranza degli italiani. Renzi? Provo simpatia, è intelligente e bravo, ma ha perso credibilità elettorale e peso politico”.
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