La società con cui Judith Wade ha trasformato la bellezza dei giardini in un modello di turismo culturale e sostenibile
Bianca Passera, imprenditrice del settore dell’ospitalità e presidente del gruppo LarioHotels, ha deciso di allargare l’ambito delle sue attività acquistando Grandi Giardini Italiani, la rete che dal 1997 valorizza e promuove i più bei giardini visitabili della Penisola. Passera, che ha rilevato da Judith Wade, che rimane presidente onoraria, la proprietà del brand e delle realtà collegate – tra cui Great Gardens of the World – punta ora a rafforzarne l’espansione internazionale e a sviluppare nuovi progetti legati alla sostenibilità.
Ma per comprendere fino in fondo il valore di questa operazione bisogna tornare alle origini, quando una donna visionaria e appassionata – Judith Wade, anglo irlandese, innamorata dell’Italia e dei suoi giardini – diede vita a un progetto culturale destinato a cambiare per sempre il modo di intendere il turismo.
Grandi Giardini Italiani nasce nel 1997 proprio da un’idea di Wade, che vide nella straordinaria ricchezza botanica e paesaggistica italiana un patrimonio ancora poco conosciuto e fuori dai circuiti turistici tradizionali. A lei si deve il merito di aver fatto emergere questa dimensione del “Belpaese nascosto”, dimostrando che i giardini possono diventare non solo mete di visita, ma luoghi di conoscenza, crescita e sviluppo economico, come raccontava in una intervista a ?
Fin dall’inizio, Wade ha portato in Italia un modello gestionale ispirato al concetto greco di kalòs kai agathòs – il bello, ma solo se legato al buono. “Non ho mai creduto nel bene culturale come semplice “beauty contest””, ha spiegato più volte. “La bellezza ha senso se contribuisce alla qualità della vita, all’istruzione, alla crescita culturale e intellettuale dei cittadini”.
Dalla passione personale a un progetto d’impresa
“Ho sempre avuto la passione per i giardini e cercavo di visitarli ovunque andassi, anche quando erano difficili da raggiungere”, raccontava Wade al sito I talenti delle donne nel 2023. “Quando sono arrivata in Italia per studiare storia dell’arte, ho iniziato a lavorare nel turismo e ho capito che i giardini rappresentavano una grande opportunità. In Inghilterra, l’horticulture tourism è un fenomeno di massa, mentre in Italia le politiche turistiche erano concentrate su città d’arte, mare e montagna. Eppure, l’interesse c’era”.
La sua strategia fu semplice e rivoluzionaria: intervenire sul piano economico e gestionale più che su quello politico. “La maggior parte dei beni culturali in Italia appartiene a privati, enti religiosi, comuni e fondazioni. Seguendo l’invito del presidente Ciampi a rafforzare la collaborazione tra pubblico e privato nella cultura, sono andata da loro con una proposta: “C’è una domanda turistica per i beni culturali. Io vi insegno a fare turismo e voi potrete autofinanziarvi, senza vivere di sovvenzioni”.
Un modello di valorizzazione sostenibile
Al centro del progetto di Wade c’erano tre pilastri: autofinanziamento, professionalizzazione e creazione di lavoro qualificato.”Per entrare nel network, i giardini devono essere di valore storico e botanico e perfettamente mantenuti”,spiega. “Ma servono anche servizi: testi ben scritti, personale multilingue, giardinieri esperti. Solo così il turismo culturale può diventare sostenibile”. Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti: da un piccolo nucleo di adesioni iniziali, Grandi Giardini Italiani è cresciuta fino a riunire 147 proprietari e a registrare oltre 9,5 milioni di visitatori l’anno, italiani e stranieri. Un successo costruito sulla convinzione che il verde non sia soltanto bellezza, ma anche economia, lavoro, cultura e futuro.