La serie A come la Premier League: è possibile a patto che…

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Punti chiave

  • Festival dello sport
  • Perso 1 miliardo di euro
  • Serve trasformazione culturale
  • Lezione Liga
  • Calcio sostenibile
  • Valorizzazione internazionale del calcio italiano

Il calcio italiano è l’unico che potrebbe arrivare a competere con la Premier League inglese ma per farlo deve cambiare presto e subito. È il messaggio emerso nell’incontro dal titolo “Il calcio che verrà” che ha aperto la terza giornata del Festival dello Sport di Trento.

Sul palco del Teatro Sociale si sono ritrovati Urbano Cairo, presidente di RCS e del Torino FC, Paolo Dal Pino, presidente Lega Serie A, Zvonimir Boban, Uefa Chief of Football e, collegato in streaming, Javier Tebas, presidente La Liga. “Se a causa della pandemia il calcio italiano ha perso circa un miliardo di euro, con le quattro maggiori leghe europee, quindi Francia, Spagna, Inghilterra e Germania, la perdita è arrivata a cinque miliardi perché c’è una grande interconnessione tra i mercati e l’impatto è stato a livello globale”, ha esordito il presidente Cairo, “Dobbiamo agire su tre step fondamentali: in primo luogo la leva dei ricavi, tornare negli impianti a una capienza normale aiuterà a riportare nelle casse delle società i ricavi da stadio che per alcuni club sono molto importanti; in secondo luogo, a medio termine l’Italia deve sviluppare i ricavi esteri come sta facendo benissimo la Liga spagnola; in terzo luogo, occorre calmierare i costi perché abbiamo raggiunto dei livelli che erano già esagerati pre pandemia, adesso sono rimasti inalterati, e oggi sono davvero insostenibili. Tanti calciatori per gli ingaggi troppo alti si liberano a parametro zero e questo è un depauperamento per le società”.

Da sinistra Andrea Di Caro, vice direttore Gazzetta dello Sport, Zvonimir Boban, UEFA Chief of Football, Paolo Dal Pino,presidente Lega Serie A, Urbano Cairo, presidente Torino FC e in collegamento video Javie

“È necessaria una trasformazione culturale del nostro calcio che deve passare: da una mentalità opportunistica a una strategica”, ha aggiunto il presidente Dal Pino, “La Lega sta attraversando una fase di trasformazione gigantesca a cominciare dal nostro braodcaster a Lissone, da qui dobbiamo crescere ed evolvere. In serie A ci sono venti squadre che hanno interessi e obiettivi diversi: i grandi club cercano una stabilità finanziaria di alto livello, quelli di media e bassa classifica hanno invece esigenze completamente diverse con redditi e obiettivi differenti. Tutti però hanno la consapevolezza della necessità di una trasformazione”.

Paolo Dal Pino

“In momenti eccezionali servono iniziative eccezionali”, ha proseguito Boban, “La pandemia è solo un problema. C’è stata tanta irresponsabilità che andava fermata prima. I sogni del calcio italiano svaniscono nella burocrazia del vostro paese”.

La lezione della Liga

“In Spagna l’impatto della pandemia è stato molto minore, abbiamo avuto 700 milioni di euro di perdite di cui la metà di Real Madrid e Barcellona”, ha chiarito Tebas, “Italia e Francia sono stati i paesi più colpiti. Noi abbiamo limitato i danni grazie a un controllo economico molto serrato, a delle riduzioni salariali del 35% che hanno portato a rapporti di bilancio tra i migliori d’Europa. Adesso non possiamo prendere decisioni strutturali per due soli anni di pandemia. Servono delle misure forti per superare questa congiuntura economica difficile ma il calcio impiegherà un triennio per recuperare il terreno perduto. Per fare questo serve la biglietteria con il ritorno negli stadi e un controllo dei conti”.

Per Tebas nel nostro paese il ricorso ai fondi di private equity è fallito insieme alla SuperLega. “Nei fondi ci sono miliardi e miliardi di euro ma bisogna saperne trarre il giusto profitto, senza che inflazionino il mercato dei calciatori. Solo una parte deve andare ai giocatori, il resto deve aiutare a creare impiantistica, favorire la digitalizzazione e le Academy per il futuro. Le società, da sole, non faranno mai tutti questi investimenti”, ha proseguito il presidente della Liga spagnola.

Zvonimir Boban UEFA Chief of Football

La sostenibilità del calcio

Se la pandemia ha acuito i problemi del calcio, il mondo del pallone è afflitto quindi da tanti altri virus.

“Le istituzioni del calcio non sono servizi di polizia, i controlli servono ma sono difficili e soprattutto occorre la volontà di rispettarle per il bene del sistema calcio”, ha risposto Boban, “I contratti dei giocatori dovrebbero allungarsi almeno a tre anni per proteggere le società”.

Urbano Cairo

“Per conciliare risultati e bilancio ogni società deve a vere una propria filosofia e non snaturarla”, ha aggiunto il presidente Cairo, da sedici anni alla guida del Torino, “Quando ho acquistato la società granata, sull’orlo del fallimento, c’è stata una componete di investimento importante e abbiamo fatto anche degli errori. Nel 2011 con l’arrivo di Mister Ventura abbiamo ottenuto buoni risultati economici perché abbiamo fatto calcio andando a prendere giocatori giovani che sono cresciuti con noi, portandoci fino al settimo posto e in Europa League. Poi li abbiamo dovuti vendere perché i tifosi si devono rendere conto che esistono dei cicli. Se si fanno operazioni al di là delle proprie possibilità il rischio è di entrare in circoli viziosi difficilmente sostenibili. Con un fatturato di cento milioni non ci si può permettere ingaggi da venti. Ora con Mister Juric stiamo seguendo la medesima filosofia”.

“Come tutti i settori economici, anche il calcio deve essere sostenibile”, ha proseguito Tebas, “Il mondo del pallone è un ambito speciale nel quale convivono passione e appartenenza ma negli ultimi quindici anni si è convertito in un’azienda. Le due cose però non sono incompatibili. In Spagna, Real Madrid e Barcellona a parte, prima della pandemia i nostri club guadagnavano 250 milioni di euro a stagione. Come? Con un controllo economico serrato e norme che tutti devono rispettare. In questo modo si bloccherebbero le perdite. La serie A italiana è l’unica che potrebbe arrivare a competere con la Premier League per numero di squadre di alto livello e numero di tifosi però deve cambiare la governance e commercializzare tutto per tutti, grandi e piccoli club”.

“La visione c’è, adesso dobbiamo passare a una fase di esecuzione che è molto complessa”, ha delineato il presidente Dal Pino, “è necessario valorizzare il nostro brand a livello internazionale, profilare i nostri clienti e intervenire sull’impiantistica”. “La direzione è stata individuata, adesso dobbiamo impegnare tutte le nostre energie per percorrere questa strada”, ha concluso il presidente Cairo.

Andrea Di Caro vice direttore della Gazzetta dello Sport
Andrea Di Caro vice direttore della Gazzetta dello Sport

Esclusiva con Urbano Cairo

A margine dell’evento “Il calcio che verrà”, il presidente di RCS Urbano Cairo ha rilasciato un ‘intervista esclusiva a Prima Comunicazione tracciando un primo bilancio della kermesse trentina, parlando del futuro dello sport in La7 e di Dazn.