Report Ue su giustizia: l’Italia migliora. Ma non su conflitto d’interessi e media

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Il sesto report della Commissione Ue sullo stato di diritto fotografa una miglio percesione della giustizia nel nostro paese, ma evidenzia situazioni critiche che riguardano la condizione dei giornalisti e l’indipendenza dei media. Rai in primis

In Italia migliora la fiducia che i cittadini hanno verso la giustizia, ma restano criticità su conflitto d’interessi e media, mentre la condizione dei giornalisti resta esposta. E’ il quadro che emerge del nostro paese dal sesto rapporto annuale sullo stato di diritto in tutti gli Stati membri pubblicato dall’Ue.

Giustizia, lotta alla corruzione, libertà dei media e bilanciamento dei poteri istituzionali gli ambiti presi in considerazione con una valutazione della situazione nei singoli paesi e le raccomandazioni per affrontare eventuali criticità.
In linea generale, lo studio ha registrato – si legge sul sito della commissione – una traiettoria positiva in molti Stati membri, con importanti riforme portate avanti nei quattro settori chiave al centro della relazione: giustizia, lotta alla corruzione, libertà dei media e bilanciamento dei poteri istituzionali.
Tuttavia in alcuni Stati membri restano sfide e situazioni gravi.

Ungheria ancora maglia nera

La situazione peggiore si registra in Ungheria. L’Ue lamenta “profonda delusione” per la mancanza di progressi: Budapest colleziona infatti nel 2025 il maggior numero di raccomandazioni, ben otto, oltre a registrare “nessun progresso” in diversi ambiti, tra cui la lotta alla corruzione ad alto livello, la riforma sul lobbismo, l’indipendenza dei media del servizio pubblico, la promozione di uno spazio civico sicuro. Unico “progresso significativo” registrato è quello relativo all’aumento della remunerazione dei giudici in linea con gli standard europei.

La Commissione segnala poi un aumento della pressione sui giornalisti che “continuano ad affrontare numerose e gravi sfide al loro lavoro” e punta il dito contro l’Ufficio per la protezione della Sovranità, già oggetto di una procedura d’infrazione, che ha avviato indagini nei confronti di giornalisti accusati di operare al servizio di interessi stranieri.
Il rapporto denuncia poi “un contesto in deterioramento per le organizzazioni della società civile” che insieme all’incertezza giuridica ostacola ulteriormente lo spazio civico.    

Nel mirino di Palazzo Berlaymont, anche “l’ampio uso dei poteri di emergenza” da parte del governo di Viktor Orbán, che “mina la certezza del diritto e incide sul funzionamento delle imprese nel mercato unico”.

Il quadro in Italia

Per quanto riguarda l’Italia, il report mischia note positive a giudizi più duri. Progressi sono stati registrati con un aumento sensibile dell’indipendenza percepita dai cittadini del settore giudiziario.

Sulle raccomandazioni, però, Roma arranca. Il rapporto 2025 infatti ha inividuato progressi “limitati, ridotti o nulli” su alcune delle indicazioni chiave espresse l’anno passato, in particolare sulle norme per regolare il conflitto d’interesse e le lobby, compresa l’istituzione del registro nazionale, oppure nell’affrontare “in modo efficace e rapido la pratica di convogliare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche”.

Particolare attenzione viene dedicata poi alla libertà di stampa e alla condizione dei giornalisti. “Sebbene esistano norme e iniziative specifiche per la loro tutela, i giornalisti continuano a incontrare difficoltà nell’esercizio della loro professione”, le considerazioni dello studio, in cui si segnala l’aumento dei casi di intimidazioni e minacce contro la categoria.
“Sempre più preoccupante” il ricorso alle querele bavaglio contro i giornalisti segnalato da alcuni stakeholders. Nel rapporto finisce anche il caso Paragon, lo spyware che sarebbe stato usato dai servizi segreti italiani per colpire i giornalisti. L’accusa non trova riscontro nella relazione del Copasir, ricorda la Commissione, che pur evidenzia le “preoccupazioni” sollevate in merito all’uso “senza precedenti in Italia” di uno spyware contro un giornalista.

Il servizio pubblico

Un capitolo del rapporto è dedicato poi alla Rai. Palazzo Berlaymont registra alcuni progressi sulla raccomandazione espressa lo scorso anno relativa al finanziamento dei media di servizio pubblico. Sotto il profilo del pluralismo, invece, vi è una divergenza di vedute tra il governo, che cita le “numerose inchieste giornalistiche su membri del Governo e della sua maggioranza parlamentare” trasmesse nei programmi Rai, e alcuni stakeholder che esprimono preoccupazione in relazione alla “vulnerabilità della Rai ai rischi di indebite interferenze nell’attuale quadro di governance e di finanziamento” e alla “mancanza di progressi legislativi per affrontare tali questioni”.

Contestata anche la decisione dell’ad della Rai di introdurre ‘direttori editoriali’ per tutti i programmi dell’emittente: per Viale Mazzini, una decisione che rientrava negli sforzi di riorganizzazione interna. Mentre invece “per gli stakeholder” con questa decisione “aumentano i rischi di indebita ingerenza da parte del management nei confronti dei giornalisti e delle redazioni Rai”. Con l’espressione stakeholder si fa riferimento a giudizi di organizzazioni terze come “l’Fnsi”, citata nel rapporto.

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