In questo mondo nuovo nulla è come appare: testi, voci, immagini sembrano realistici ma non è detto che siano reali. Ciò che effettivamente è, può essere rielaborato in base alla necessità e alla creatività umana o artificiale
COMUNICAZIONE POLITICA – Prima Comunicazione, Ottobre-Novembre 2023
Quando leggerete questo pezzo è possibile che alcune delle riflessioni che incontrerete siano state superate dagli eventi, così da risultarvi improprie o sorpassate. Si tratta di un rischio ineludibile in una società che ha fatto passare la sua popolazione mondiale, in un secolo, da poco meno di due miliardi a quasi otto, producendo quindi un’infinità di accadimenti in più, acuiti dall’isteria delle innovazioni tecnologiche, che hanno vascolarizzato il pianeta di connessioni e non sempre benevole.
In questa Guerra tiepida, che sembra apparecchiare i pezzi della scacchiera di una terza Grande guerra, colpisce una certa schizofrenia del dibattito.
La guerra ha sempre avuto come sorella siamese la propaganda: per motivarne, prima, i popoli allo scontro; per continuare, durante, ad alimentare le ragioni del conflitto; per celebrarne, a conclusione, gli esiti (questa terza chance è sempre stata a esclusivo esercizio dei vincitori).
Già in relazione al conflitto ucraino i media hanno gestito due aspetti della comunicazione in modo abbastanza separato: da una parte gli scenari della guerra, con le loro atrocità, le loro mistificazioni e le loro trappole informative e in altre pagine le evoluzioni e le incognite della crescita dell’intelligenza artificiale con le sue capacità di alterazione della percezione umana. In questo mondo nuovo, nulla è più come appare: testi, voci, immagini (ferme o in movimento) appaiono realisti, ma non è detto che siano reali. Insomma la realtà, oggi più che nel passato, può essere pacificamente rielaborata, truccata, pettinata a seconda della necessità e della creatività umana o artificiale.
Nel 1997 uscì ‘Sesso e potere’. Hollywood con un film diretto da Barry Levinson (‘Good Morning, Vietnam’ e ‘Rain Man’), protagonisti Dustin Hoffman e Robert De Niro, provò a chiudere il secolo, e l’ultimo decennio di stravolgimenti sociali, politici e di costume con una black comedy dedicata ai rischi della manipolazione del consenso attraverso la costruzione fittizia di eventi capaci di spostare l’attenzione del pubblico o di esacerbarne le reazioni. Eravamo ancora in tempi analogici, quelli che chiedevano fisicità, studi, comparse e schiere di tecnici (dunque testimoni) per creare qualunque cosa.
Oggi sono arrivate a noi, nella loro dimensione consumer, tecnologie – probabilmente nella disponibilità degli apparati militari da lungo tempo – che fanno crescere la nostra diffidenza rispetto all’osservazione di ogni evento riprodotto.
La nostra vita quotidiana, a pochi mesi dalla diffusione di queste innovazioni ancora al loro stadio primordiale, è già stata stravolta e investita da tsunami di fake; un’onda che lavora sul filo della verosimiglianza e rende sempre più labile il confine dell’interpretazione istintiva e istantanea della notizia.
Eppure, magicamente, nei conflitti a cui assistiamo, con le guerre che spendono in uno solo degli inesauribili tragici missili quantità di soldi equiparabili all’intero costo di un palinsesto di una giornata di un canale generalista, guardiamo a quelle immagini senza il sospetto di un check o di una verifica.
Quindi, nel mondo più moderno e più alterabile, manipolabile, ricostruibile di quelli mai conosciuti dall’umanità, continuiamo a osservare gli eventi con lo stesso naturale stupore e impressione.
Cosa significa questo? Che non sia distinguibile il bene dal male? Un efferato delitto da una falsificazione. Assolutamente no, ma la possibilità che molto di quello a cui assisterete possa, non solo in potenza, essere ‘cucinato’ per indirizzare, accendere o scatenare una reazione anziché un’altra è altissima.
Purtroppo l’uomo contemporaneo, fino a quando non avrà inventato reagenti digitali, antidoti e strumenti per verifiche della supposta realtà dovrà muoversi in uno scetticismo crescente, cercando di non perdere l’esercizio del dubbio, senza scalfire la nettezza della condanna dei crimini efferati, la sua impressionabilità verso la violenza e la mostruosità umana. Ma non dovrà nemmeno dimenticare che insieme a queste inclinazioni e a questa intrinseca malvagità se ne aggiungeranno altre capaci di intossicare quanto più il nostro equilibrio mentale. Perché l’unico obiettivo che ogni dominanza si impone è quello di conquistare il nostro consenso. E l’unico potere che l’uomo ha è quello di non addormentare la voce del suo spirito critico.
(Nella foto, Ansa, l’ospedale Al-Ahli a Gaza, colpito da un missile lo scorso 18 ottobre. Per Hamas sarebbe partito da Israele, per Israele sarebbe partito da Gaza).