La formazione è nella vocazione del servizio pubblico, spiega il presidente del Comitato. Toccando anche il tema delle responsabilità della piattaforme come editori
La formazione è importante per usare al meglio l’intelligenza artificiale e in questo può essere d’aiuto anche la Rai. A sostenerlo padre Paolo Benanti, presidente del Comitato per l’intelligenza artificiale, in audizione in Commissione di Vigilanza.
Subentrato a Giuliano Amato alla guida del comitato sull’AI istituito presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria, padre Benanti ha spiegato: “di fronte a una macchina così potente c’è bisogno di investire sull’uomo per utilizzarla meglio? Assolutamente sì. Il tema della formazione è fondamentale e la vocazione del servizio pubblico è anche questa”.
Contenuti specifici sulla Rai
“Chi sta davanti a questi nuovi strumenti può essere accompagnato per sapere quali domande deve farsi”, ha proseguito. “Questo richiede un servizio pubblico di grande qualità, magari anche con la produzione di contenuti specifici che anche le scuole possono usare, perché il problema è anche la capacità degli istituti sul territorio di accedere a risorse e competenze”.
Responsabilizzare le piattaforme
Padre Benanti ha guardato anche al ruolo delle piattaforme, definito “un grande elefante nella stanza”. “C’è una giurisprudenza un po’ timida nel riconoscere loro il ruolo di editore e forse è lì che bisognerebbe intervenire”, ha spiegato.
“Non so con quali strumenti giuridici si possa fare. Conosco le origini: negli Usa ciò venne fatto per far crescere quella sezione di mercato, ma ciò avvenne in presenza di tante piccole entità commerciali”.
“Oggi chi gestisce l’intelligenza artificiale sono nove compagnie con un valore di capitalizzazione superiore al trilione di dollari. Al mutare dello scenario, forse quella premessa iniziale non è più in grado di gestire interessi globali”.
“Questo è il grande tema soprattutto di fronte a un sistema di business che vede società monetizzare con i dati degli utenti e scaricare i costi sulla società civile”, ha proseguito.
“Questo però travalica i compiti della Commissione. Tutto ciò che può orientare l’opinione pubblica in maniera non corretta è però determinante, soprattutto in un anno di grandi appuntamenti elettorali. Occorre capire come mettere i guardrail che consentano alla democrazia di rimanere tale”, ha chiosato.
Serve tempo
A proposito del lavoro della commissione, padre Benanti ha spiegato che l’obiettivo è “fare una fotografia di quello che c’è oggi” per “valorizzare il lavoro dell’uomo, per dare visibilità a ciò che è prodotto con una responsabilità personale”.
Sulla possibilità di “mettere il watermark (la filigrana digitale per il riconoscimento di contenuti prodotti dall’IA, ndr) nelle grandi aziende internazionali”, ha individuato due problemi. “Uno è l’internazionalità e basta spostare la sede per eludere le leggi. L’altro è la presenza di avversari malevoli, perché la filigrana può essere aggirata e questo accade con una velocità impressionante. Se non possiamo garantire al 100% che ciò che è prodotto artificialmente sia riconoscibile attraverso un watermark, potremmo però chiedere a chi produce il watermark di rispondere in tempi certi e veloci a una autorità che chiede di rimuovere i contenuti. Questa, però, è una parte che va studiata meglio, perché ci sono degli elementi di grigio soprattutto nei mezzi che la renderebbero attuabile, perché non è detto che tutte le piattaforme rispondano con la stessa velocità”.
Padre Benanti in generale ha parlato di un “momento transitorio” per la commissione, nel quale sta emergendo “qualcosa che può aiutare nella stesura della relazione”. “C’è un elemento di ciò che è fattibile oggi con gli strumenti che abbiamo e un elemento di ciò che in futuro potrebbe essere fattibile se compaiono nuovi strumenti normativi. Questo potrebbe aiutarci ad avere un indice della relazione”.
“Vi chiedo però la pazienza di continuare a farci lavorare. C’è tanta volontà di produrre qualcosa di significativo”, ha chiosato.