“Sarà più forte”, dice il ceo Altman dall’Italian Tech Week, smentendo che gli adii ai vertici siano dovuti alla restrutturazione. Nel nuovo assetto, più attrattivo per gli investitori, resta una divisione non-profit per fare beneficenza. E per il ceo, le indiscrezioni parlando di una quota del 7%
OpenAi cambia pelle. Come anticipato dai media internazionali da diverso tempo, da ultimo nei giorni scorsi accennando al cambio di logo, la società creatrice di ChatGPT intende abbandonare il suo stato di no-profit, diventando una società a scopo di lucro.
Da non-profit a for-profit
La profonda riorganizzazione, che porterebbe il ceo Sam Altmana a detenere una quota del 7%, segna una nuova svolta nella storia della società.
Fondata nel 2015, appunto come non-profit, con l’obiettivo di costruire un’intelligenza artificiale sicura e a beneficio dell’umanità, nel 2019 ha compiuto la sua prima trasformazione, adottando una struttura a ‘profitto limitato’ così da poter raccoglie fondi, inclusi i miliardi ricevuti da Microsoft.
Riorganizzandosi in una for-profit impegnata a migliorare la società e operare in modo sostenibile, diventerebbe più attraente per gli investitori – guarda caso mentre è impegnata in un nuovo round di raccolta fondi da 6,5 miliardi.
Nel nuovo assetto, una divisione non-profit continuerà a esistere ma si occuperà solo ed esclusivamente di beneficenza, pur detenendo una quota nel capitale di OpenAI.
Anche Altman dovrebbe avere una partecipazione che, secondo indiscrezioni, potrebbe essere pari al 7%, facendo crescere la sua ricchezza a 10 miliardi se la società sarà valutata 150 miliardi nel round di raccolta fondi in corso. Un round che, a differenza dei precedenti, non imporrà un tetto ai profitti che gli investitori possono ottenere e se – riporta il Wall Street Journal – la riorganizzazione non sarà eseguita nell’arco di due anni, gli investitori potranno chiedere i loro fondi indietro.

Altman: addii indipendenti da ristrutturazione
Intanto però OpenAi sta facendo i conti anche con una serie di addii ad alto livello. L’ultimo in ordine di tempo è stato quella di Mira Murati, chief technology officer.
Intervenendo da Torino, all’Italian Tech Week in cui è stato protagonista di un dialogo con John Elkann, Alman ha detto la sua sulla riorganizzazione e sulle uscite.
“Sarà un grande cambiamento per tutte le persone coinvolte e spero che OpenAI diventerà sempre più forte, come è stato fino a oggi”, ha detto, smentendo che le dimissioni degli ultimi tempi siano legate a questo passaggio. “Il nostro consiglio di amministrazione è da un anno che pensa a una ristrutturazione, a ciò che serve per arrivare alla prossima fase di OpenAI. Credo che queste dimissioni arrivino da persone pronte per nuove esperienze professionali e lasciare, quindi, il posto a una nuova generazione di leader”.
“I cambi di leadership sono un capitolo naturale nelle aziende, soprattutto in quelle che crescono così velocemente. I passi indietro di Murati, del chief research officer Bob McGrew e del vicepresidente per la ricerca Barret Zoph “sono stati decisi indipendentemente l’uno dall’altro e in modo amichevole”, ha puntualizzato Altman su X.
La serie di uscite eccellenti e i tumulti interni a OpenAI, ricorda Ansa, sono iniziati dalla fine del 2022 con il lancio e il successo di ChatGPT, che ha portato Altman a vendere i nuovi prodotti a clienti e aziende.
Un passo che ai dipendenti, anche quelli della prima ora, non è andato giù, innescando una fuga che si è tradotta anche nel lancio di società rivali, quali Anthropic.